Documentari, videoarte e finzione: i 26 film in concorso a Working Title Film Festival 6
Ventisei film in concorso da tutto il mondo, tra cui dieci anteprime italiane e due mondiali, sei giorni di proiezioni, incontri con gli autori, masterclass, presentazioni di riviste, per guardare con occhi nuovi e linguaggi contemporanei al tema del lavoro. È la sintesi del programma della sesta edizione di Working Title Film Festival – Festival del cinema del lavoro, che torna in presenza – dopo un anno di pausa e l’edizione online del 2020 – dal 9 al 14 maggio a Vicenza, coinvolgendo tre spazi culturali della città: Cinema Odeon, Porto Burci e Caracol Olol Jackson.
Il programma del festival con i link alle schede dei film e ai trailer è disponibile, in italiano e in inglese, a questo link.
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Belgio, Brasile, Cina, Thailandia…
Belgio, Brasile, Cina, Francia, Italia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Thailandia sono i Paesi di provenienza delle 26 opere selezionate, di cui 12 a regia femminile. Tre le sezioni di concorso: Lungometraggi & Mediometraggi – con 8 film in programma alla Nuova Sala Lampertico del Cinema Odeon –, Cortometraggi – in concorso ce ne sono 10, sempre proiettati all’Odeon – ed ExtraWorks – la sezione dedicata a film ibridi, sperimentali, video arte e performance, con 8 opere presentate al Caracol Olol Jackson.
Le anteprime italiane e internazionali
I 10 film presentati in anteprima nazionale sono il lungometraggio Globes di Nina de Vroome (Belgio), sulla vita delle api e sulle relazioni – lavorative, culturali e affettive – che le legano agli uomini, i cortometraggi Apache di Octavio Guerra (Spagna), Caught in the Rain di Elie Maissin e Mieriën Coppens (Belgio), In Flow of Words di Eliane Esther Bots (Paesi Bassi), Lemongrass Girl di Pom Bunsermvicha (Thailandia), Les filles de chez Moreau di Pauline Pastry (Francia), Lili Alone di Zou Jing (Cina), Portugal Pequeno di Victor Quintanilha (Brasile) e, nella sezione ExtraWorks, Cutting Edges di Céline Berger (Germania) e VO di Nicolas Gourault (Francia).
I due film in anteprima mondiale sono über sehen|frauen lyrik di Alina Yklymova (Germania) e Ritratto temporale I – Maurizio di Ilaria Pezone (Italia), entrambi in ExtraWorks.
Due gli eventi speciali, già annunciati nei giorni scorsi. La sera di giovedì 12 maggio Porto Burci è sede del talk “Focus Cina: presentazione Made in China Journal e The People’s Map of Global China”. Venerdì 13 maggio al Caracol Olol Jackson Pietro De Tilla, Tommaso Perfetti e Guglielmo Trupia del collettivo Enece Film conducono la masterclass “L’uovo nel pollaio: 10 anni di ENECEfilm”.
Rue Garibaldi di Federico Francioni
Il Novecento, l’Asia e i lavori a contatto con la natura
«Per il festival si tratta di un vero e proprio nuovo inizio – commenta Marina Resta, direttrice artistica del festival –. I 26 film selezionati restituiscono sguardi inediti sul lavoro, creando commistioni e stratificazioni di linguaggi. Emergono alcuni filoni che accomunano opere distanti per origine geografica e stile. Uno è sicuramente la rielaborazione del Novecento, del fordismo e delle sue memorie collettive e familiari attraverso il sempre più diffuso riuso creativo di materiali provenienti da archivi pubblici e privati. Un altro è la compresenza conflittuale tra la modernità iper-capitalistica e le sovrastrutture culturali arcaiche, spesso sulla pelle delle donne, in particolare in alcune opere ambientate in Asia. E ancora, la condizione giovanile tra la ricerca di un lavoro in grado di dare senso e identità e la prosaica realtà fatta di prospettive precarie. Se l’emergenza climatica rende sempre più drammaticamente attuale la necessità di una transizione (o conversione) ecologica dell’economia, sono diversi i film che scelgono di posare lo sguardo sulle leggi misteriose e ambigue che regolano la relazione tra uomo e mondo animale. Una visione altrettanto laterale e rivelatrice è quella del lavoro artistico, con la compenetrazione inestricabile tra afflato creatore ed esercizio quotidiano, a cui ogni anno il festival torna a dedicare spazio».
Il racconto dei film in concorso
In Le magnétophone di Noémi Aubry e Les filles de chez Moreau di Pauline Pastry, le registe cercano di riconnettere il passato lavorativo delle loro nonne con il presente, attraverso un peculiare uso di archivi familiari.
Anche Daniele Atzeni in Inferru fa ricorso a materiali found footage, ma in questo caso i frammenti provengono da diversi archivi audiovisivi pubblici e concorrono a (ri)creare la figura archetipica di un minatore e i suoi tristi presagi.
Se il film del regista sardo rappresenta un mondo tramontato, Acquasanta di Gianfranco Piazza e Tito Puglielli è una storia di rinascita, quella che stanno vivendo gli storici cantieri navali di Palermo, mentre Combat Trauma Bag di Lorenzo Picarazzi è una “sinfonia della fabbrica”, che porta Vertov ai tempi della musica elettronica.
La distanza di Enece Film
Boramey di Tommaso Facchin e Ivan Franceschini ci conduce in Cambogia dove molte giovani operaie soffrono di misteriosi svenimenti. Lemongrass Girl di Pom Bunsermvicha ha per protagonista una producer a cui viene assegnato un compito molto particolare. Il titolo Lili Alone del film di Zou Jing allude alla solitudine del personaggio principale che si trova a dover fare una scelta estremamente difficile per la sopravvivenza della propria famiglia. Tre film che ci mostrano un’Asia in bilico tra modernità e tradizione attraverso il punto di vista delle donne.
Sia i protagonisti di Rue Garibaldi di Federico Francioni che quello di Portugal Pequeno di Victor Quintanilha sono ventenni alla ricerca della propria identità, anche attraverso il lavoro. Cercano un riscatto tramite il lavoro anche i protagonisti dei film Le buone maniere di Valerio Vestoso, Apache di Octavio Guerra, Caught in the Rain di Elie Maissin e Mieriën Coppens e DentrOrsa di Chiara Rigione, pur nell’ambito di generi e registri diversi, quali la commedia, il documentario d’osservazione o di taglio più sperimentale.
L’ape come animale chiave per leggere la vita e l’economia del pianeta è raccontata da Nina de Vroome in Globes attraverso diverse cifre stilistiche, quali il documentario naturalistico, il video-saggio, il reportage e persino il thriller. I protagonisti di Transumanze di Andrea Mura e La distanza di Enece Film sono dei pastori che attraversano territori fortemente antropizzati e testimoniano la sopravvivenza di pratiche diverse nel rapporto con la natura e il territorio. Più de la vita di Raffaella Rivi – sull’artista veneto Michele Sambin – e Ritratto temporale I – Maurizio di Ilaria Pezone mostrano la profonda compenetrazione tra lavoro e vissuto per un artista. Artista è anche Fabrizio Bellomo, autore e protagonista di Film che presenta le sue installazioni spiazzanti con uno stile decostruito e meta-cinematografico. Una riflessione sul senso del fare cinema è quella proposta in Il silenzio del mondo da Riccardo Palladino. Danza e poesia si fondono, all’interno di scenografie di fabbrica, in über sehen|frauen lyrik di Alina Yklymova, una performance che è anche manifesto femminista.
L’artista Michele Sambin protagonista di Più de la vita di Raffaella Rivi
Auto a guida autonoma e coworking
VO di Nicolas Gourault – documentario che, a partire da un incidente mortale causato da un’auto a guida autonoma, indaga sui lavoratori impiegati nel loro addestramento – e Cutting Edges di Céline Berger – esplorazione dei co-working e dell’ideologia di cui sono rappresentazione spaziale – sono acute meta-riflessioni sulle nuove frontiere tecnologiche e ideologiche del capitalismo contemporaneo.
AMP. Note per una pratica di autogestione di Chiara Campara e Vittoria Soddu e In Flow of Words di Eliane Esther Bots trasmettono suggestioni di grande attualità: nel primo il tema è quello dell’accesso alla sanità per tutti; nel secondo gli interpreti in servizio al Tribunale Internazionale de L’Aja, nel loro lavoro di traduzione delle dolorose testimonianze della guerra nell’ex Jugoslavia, ci riportano in un conflitto nel cuore dell’Europa che ci ricorda, tragicamente, quanto accade oggi in Ucraina.
In copertina: Portugal Pequeno di Victor Quintanilha