Una cena a Malacca – ritrovando la cucina bruna (parte 2)
Ogni potere che ha occupato Malacca ha portato con sé i suoi modi di organizzare lo spazio ed il tempo, di sfruttare il territorio e le sue risorse, senza integrare questi modi con quelli della popolazione locale che era vista solo come forza lavoro da sfruttare. E ogni volta che un potere è stato sostituito, tutti i suoi modi sono stati completamente rimpiazzati da quelli dei nuovi venuti. Con la durata della vita media attorno ai trenta anni, era abbastanza facile impiantare nuovi modi di pensare nel giro di una generazione. Una volta raggiunta l’indipendenza dal potere europeo, le funzioni ed i significati portati dagli europei che si sono succeduti nella gestione di Malacca (Portoghesi, Olandesi e Inglesi) sono stati dimenticati.
Malacca, quindi, è stata assorbita dal contesto della Federazione Malesiana, un contesto al quale era stata estranea negli ultimi quattrocento anni in quanto parte di insiemi slegati dalla vita dell’hinterland. Quindi la città vista come immagine cosmologica e punto di contatto, nella persona del Re, con il Trascendente nelle strutture di pensiero induiste è stata sostituita nei primi anni del 1400 da un urbanismo islamico, il quale a sua volta è stato completamente cancellato dai Portoghesi che hanno creato una città cattolica, legata a Goa in India, a Macao in Cina e al Mozambico. Questa forma urbana è stata poi quasi completamente distrutta da cinque mesi di bombardamenti ed assedio da parte degli Olandesi, per effetto dei quali la popolazione della città del 1641 si è ridotta da ventimila abitanti a 2.150. Dopo aver rimosso i cadaveri insepolti e decomposti, gli Olandesi hanno creato una città che il commissario speciale inviato da Amsterdam, Joost Schouten, voleva “pulita nel corpo e nello spirito, dove gli abitanti facessero il bagno due volte al giorno, si astenessero dalle seducenti mulatte malesi-portoghesi e il commercio prosperasse grazie ad una tassazione minima”. Gli Olandesi quindi hanno legato la città a Batavia, oggi Giacarta, a Galle in Sri Lanka e a Città del Capo.
Trovando (come più tardi gli Inglesi a Singapore) che gli abitanti locali fossero troppo inclini al tirare a campare piuttosto che a lavorare, i governatori olandesi raccomandarono l’importazione di manodopera cinese.
Tutta questa storia finalmente la posso vedere, come in un’epifania, nel Menù che mi sta di fronte. E’ una storia di cucina bruna. Se noi oggi giorno abbiamo a disposizione una catena alimentare relativamente sana, che si serve della refrigerazione e di altri metodi di conservazione in cui si cerca di non sviluppare una carica batterica, nel passato le cose andavano in un modo completamente diverso. In Europa abbiamo un inverno che può anche consentire di conservare alcuni cibi, in stagione, fuori della finestra, ma questo non è sicuramente il caso di un Paese tropicale o equatoriale.
Gli immigrati Cinesi del 1600, arrivati in un Paese che non aveva tutti gli stessi ingredienti disponibili in Cina, si sono inventati dei metodi di preparazione del cibo partendo dagli ingredienti che hanno trovato qui, e hanno assorbito le influenze di tutti i popoli che sono passati attraverso Malacca.
Sono questi sapori, finalmente, quindi, ciò che è rimasto vivo ed autentico, inalterato negli ultimi quattro secoli. Ciò che devono aver mangiato per forza tutti: Indiani, Giavanesi, Arabi, Portoghesi, Olandesi, Inglesi e Cinesi, perché quello c’era e non altro, o per lo meno questi sapori erano disponibili ogni giorno. I gamberetti pescati in stagione sulle paludi coperte di mangrovie tipiche della costa di Malacca venivano messi a fermentare per tre giorni in una giara assieme a riso bianco. La salsa derivata, detta “Cincialok”, viene usata sia come condimento che come ingrediente di un’omelette locale. Le diverse palme che crescono, selvatiche, nella foresta, contengono molti ingredienti usati nella cucina locale: dal midollo del tronco della palma di sago, ricco di amido, all’olio ricavato dai frutti delle palme da olio, allo zucchero scuro che si produce tagliando l’infiorescenza della palma da cocco e raccogliendone il succo che cola, poi concentrato e raffinato, alle noci di cocco e all’uso del latte di cocco, del suo succo rinfrescante, e della polpa.
Altri alberi si innalzano nella foresta pluviale, come il “Pangium edule”. Questo produce delle noci dal sapore vagamente tra il cioccolato ed il tartufo, che si prestano bene ad essere mangiate con il peperoncino e con il pollo. Attenzione però al fatto che queste noci contengono un componente che si trasforma in cianuro, e quindi non possono essere consumate fresche. Bisogna lasciarle in ammollo per almeno cinque giorni, in modo che il cianuro si idrolizzi e dissolva. Come lo avranno scoperto, secoli fa?
Oggi si tende, per lo meno in Europa, a privilegiare i sapori individuali, e la teoria dei tre livelli di gusti che non si mescolano ma si conservano individualmente ed interagiscono tra di loro come gli strumenti musicali in un concerto. Non è sempre stato così. Cumino, coriandolo, fieno greco, pepe, noce moscata, cannella e chiodi di garofano sono stati usati in passato in quantità, da chi se lo poteva permettere, mentre sono usati tutt’oggi qui, con l’aggiunta del peperoncino (importato dai Portoghesi dalle Americhe nelle loro colonie in tutto il mondo, Malacca e Goa incluse), impartendo la loro essenza al substrato di cui sono impregnati: pesce, carne, legumi.
Mentre porto alla bocca un cucchiaio di ayam buah keluak mi ricordo il pollo xacuti che ho assaggiato a Goa in febbraio, con un gusto simile: poco di pollo e molto del miscuglio fragrante di spezie e di latte di cocco. Questa cena è un’esperienza intensa. Mi fa pensare a tempi in cui non c’era acqua potabile e le uniche bevande disponibili erano alcoliche: vino o birra, almeno finche’ il te ed il caffè non sono diventati bevande disponibili per le masse. Tempi in cui la vita durava in media trent’anni e per questo era intensa, bisognava riuscire a vivere quello che si poteva vivere, anziché’ restare a casa del papà e della mamma fino a quarant’anni perché’ “non c’è di meglio fuori”. Rivedo gli stomaci e i corpi degli Indiani, invariabilmente panciuti a causa del gas provocato dalla dieta di lenticchie, e cerco di immaginare quali volti senza denti ed invecchiati precocemente potessero avere avuto questi Europei del 1500.
Davanti a me ripassa la comitiva allegra di Cinesi da Canton che avevo visto sul bastione Middleburg. Alcuni di loro portano una borsa del take away di McDonald.
di Giovanni LOMBARDO – Malacca, 9 Aprile 2013