The rock warrior's way: scalate con pensiero radicale
Un approccio protettivo alla vita non riduce il pericolo. Serve solo a mantenerci schiavi della paura e vittime di un’ansia costante
Lo sa bene lo statunitense Arno Ilgner, che dopo aver iniziato a scalare negli anni Settanta ha sviluppato un efficace quanto seguitissimo metodo mentale di allenamento all’arrampicata. Lo ha battezzato “The rock warrior’s way”, con l’esplicito intento di richiamarsi all’esperienza del guerriero sul campo di battaglia. L’idea non é quella di applicare alla scalata l’approccio bellico, bensì di trarre dall’atteggiamento mentale del guerriero un modello da utilizzare in ogni ambito dell’esistenza. Questo perché – si legge nella quarta di copertina del volume edito da Versante Sud (collana Performa, 143 pagine, 22,90 euro) –
l’allenamento mentale è un aspetto trascurato nella letteratura dell’arrampicata, anche se, in funzione della prestazione, è importante tanto quanto la forza, l’agilità e la tecnica.
Ma non aspettatevi un sermone filosofico sulle ragioni profonde che spingono l’uomo a combattere la gravità e talvolta il senso comune per lanciarsi in imprese al limite del possibile. Dalla paura della caduta alla fase di stallo che impedisce di concatenare due serie di movimenti e concludere una via, al blocco che sopravviene quando ci sembra di avere di fronte solo una placca liscia senza appigli né appoggi: Arno Ilgner analizza tutte queste e altre situazioni molto pratiche e concrete dell’esperienza di ogni climber. E va oltre. Al termine di ogni capitolo una serie di esercizi pratici – dall’allenamento alla caduta all’auto-osservazione, dalla respirazione consapevole alla meditazione – fanno da filo rosso nel percorso che Ilgner si prefigge nella dedica: “A tutti coloro che vogliono migliorare la qualità della loro arrampicata”. Il tutto, con una nota di fondamentale importanza che sottende l’intero senso della “Rock warrior’s way”:
Magari non riusciremo a imporre novità dirompenti nel bouldering, né a realizzare prestazioni importanti sui giganti himalayani, ma potremo sperimentare, nel nostro piccolo, le prospettive enormi che si aprono se cominciamo a pensare in modo radicale.
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