Terremoto, un anno dopo: la ricostruzione. Le chitarre 5.9 di Fabio
Un anno fa, il 29 maggio 2012, alle 9 una scossa di terremoto, con epicentro è situato nella zona compresa fra Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro, fece tremare l’Emilia portando morte e distruzione. Ora un anno dopo, AND vi propone questo fotoreportage di Massimo Pistore suddiviso in 3 parti: le persone, le imprese, la ricostruzione. Per non dimenticare
“Qui a Rovereto sono più di un centinaio le case che stanno demolendo” dice un’abitante del paese che conta poco più di 4000 anime. Dopo le verifiche di vigili del fuoco, protezione civile e tecnici incaricati, gli edifici che risultano danneggiati nella zona del terremoto sono circa 14mila e 45mila persone (circa 19mila famiglie) hanno dovuto lasciare la propria abitazione dopo il sisma. I dati più recenti parlano di 10mila famiglie che usufruiscono dei Cas e di 2300 persone ospitate nei 760 Map. A fronte di questi numeri le pratiche di richiesta di contributi in corso ad un anno dal sisma in corso sono 2600 circa di cui 600 in pagamento. I numeri non rendono conto però del lungo iter che deve seguire chi dal terremoto ha avuto danni, infatti per passare all’effettiva ricostruzione i problemi da risolvere sono molti: ad esempio c’è da distinguere tra case da demolire e case che possono essere recuperate.
Una distinzione a volte sottile che ma decisiva per quello che le persone dovranno affrontare, una distinzione che sta nelle mani dei tecnici e nelle ordinanze che verranno emesse. Difficoltà nella difficoltà, l’emergenza sembra passare proprio dalle “carte” e dal continuo susseguirsi di provvedimenti che cambiano le modalità di accesso ai contributi, alimentando il clima di insicurezza. Fino a marzo, ad esempio, poteva essere corrisposto al massimo l’80% delle spese, esponendo chi magari aveva perso il lavoro a causa del terremoto all’impossibilità di finanziare il 20% che rimaneva a suo carico. Anche dopo l’innalzamento della soglia al 100% la sensazione sembra però restare l’incertezza. Il sintomo di una crisi di fiducia nelle istituzioni che porta a temere ogni nuovo cambiamento, anche quando è positivo, perché sospettato di poter allungare ulteriormente i tempi.
A questo si aggiungono le situazioni che ogni emergenza esaspera e che sono legate alla specificità del territorio: è il caso delle costruzioni sotto vincolo paesaggistico come delle numerose case costruite in aderenza, abitate da famiglie che hanno idee diverse sul da farsi. Fino all’esempio di un palazzo costruito anni fa lungo una strada ma che, in base alle leggi attuali, non potrà più essere ricostruito nello stesso luogo. Si ricomincerà allora tutto daccapo con quel terreno che verrà espropriato mentre un altro dovrà essere trovato dal comune. Dove amministrazione e burocrazia segnano il passo, le iniziative private riescono invece a dare segnali confortanti che mostrano come il terremoto possa creare circuiti di solidarietà capaci di arrivare lontano.
Lo testimonia l’attività della onlus Tutti insieme a Rovereto e S.Antonio che sta finendo di costruire un centro polifunzionale da mettere a disposizione delle popolazione. Tutto grazie a donazioni e soprattutto all’attività volontaria di un gruppo di artigiani trentini che hanno messo tempo e lavoro per aiutare gli abitanti di Rovereto. Ma a raccontare la speranza è la fantasia e lo spirito d’iniziativa di un piccolo artigiano di questo paese. Fabio Castellini, è un falegname e ha scoperto la passione per le chitarre. Voleva fare qualcosa di concreto per i suoi compaesani e ha deciso di dare un significato simbolico a tutte le macerie che ricoprono la terra attorno a lui.
Ha chiesto ai proprietari di alcune case crollate di poter prendere dei pezzi di travi in legno, ricavando da essi delle chitarre. Ha chiamato questa serie limitata di chitarre ‘5.9’, dalla magnitudo del terremoto emiliano, e le vende a un prezzo abbordabile per poter così donare da subito il ricavato alle associazioni del suo paese. Chi comprerà quelle chitarre sicuramente non dimenticherà e aiuterà a non dimenticare che lì, a Rovereto, a Novi, a Cavezzo, a Concordia e negli altri paesi del cratere il terremoto non è ancora il passato. (Parte 3 di 3. fine)
Massimo Pistore (con la collaborazione di Carlo Calore)
“Massimo Pistore nasce a Bolzano nel 1974. Scopre l’amore per la fotografia durante gli anni degli studi universitari. Una volta laureato decide di fare per lavoro quella che era la sua passione: raccontare il mondo per immagini. Dopo aver collaborato per anni con il Mattino di Padova oggi è fotografo freelance, collabora con l’Università di Padova e i suoi servizi sono stati pubblicati anche su quotidiani nazionali come La Stampa e il Corriere della Sera e periodici come Diva e Donna, Famiglia Cristiana, Il Messaggero di Sant’Antonio.”
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