Febbre Tropicale, semantica di un blog

“Febbre Tropicale” è la voglia matta di danzare sulla linea dell’equatore, di sudare e sfidare la pioggia, di sconfiggere il nostro fittizio orizzonte che ci porta a credere, illusi oggi più che mai, di trovarci al centro del mondo.

“Febbre Tropicale”, però, è anche la passione sviscerata di ogni membro delle nostre famiglie per le notizie pervenute dai quattro angoli del mondo e misteriosamente associate al Paese in cui di volta in volta veniamo a trovarci. È il sesto senso che porta un genitore a preoccuparsi di una scossa di terremoto di grado infinitesimo che provoca un’emicrania alla popolazione situata all’angolo opposto di Stati grandi come l’intera l’Europa.

“Febbre Tropicale” è anche la forsennata ricerca del giusto vaccino prima di partire. Quello che ci difenderà dalla A di “Asfissia malese” alla Z di “Zeppola dei Jovanotti cambogiani”. Dilemma che, per un maestro dell’ansia apocalittica come il sottoscritto, ha condotto a un notevole consumo di ore su internet, dovute anche alla netta sfiducia che lo divide dal mondo della medicina. Su tutto, ha pesato la spada di Damocle delle punture di zanzare, alle quali, in particolare, dedichiamo il titolo del Blog.

Anni fa, ho affrontato i miei dubbi visitando la celebre clinica di viaggio della nostra provincia d’origine, composta da un solo medico che probabilmente non era mai andato più in là dello zoo Safari di Fasano. Il suo responso sulle cure mediche fu affidato a un manualone aggiornato agli anni ’80. Con il risultato che i miei primi giorni in India furono caratterizzati da veglie notturne cariche di incubi e trip clamorosi inneggianti al Lariam (farmaco antimalarico tristemente noto).

Questa volta invece, ci siamo affidati a un’esperta di Bruxelles, che in effetti sembrava conoscere l’Asia meglio di un hippy che ha speso anni in cerca di se stesso. La dottoressa ha sbeffeggiato la mia ansia e ci ha affidati alle sapienti cure “locali”: una zanzariera e uno spray.
E io già mi vedo con i calzettoni lunghi e la camicia in spiaggia, come Nanni Moretti alla fine di questo spezzone di “Caro Diario”, con cui termino questo scaramantico post.

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