Scontri in piazza, colpo di stato in Romania?
Colpo di stato. La fine della democrazia. L’ alba del regime. I giornali romeni di questa settimana sparano all’ impazzata, denunciando le azioni autoritarie del governo Ponta, al potere da due mesi. Anche la stampa internazionale sembra preoccupata dagli eventi di Bucarest. Ma l’ Europa fa fatica a reagire, presa con la pesante crisi dell’ euro.
Circa un mese fa, scrivevo che il confronto politico in Romania aveva lasciato il posto alle lotte tra i clan. Che le elezioni amministrative vinte dal centro-sinistra – Uniunea Social Liberala – avevano acutizzato il conflitto tra i vari gruppi di potere, fortemente corrotti sia a sinistra che a destra. Oggi però la situazione è degenerata, il quadro politico peggiorando in fretta. Sono cambiati il modo d’ azione e il livello dello scontro. Si è passato dalla guerriglia politica alla guerra totale, che ha coinvolto le istituzioni dello stato, rischiando di far tornare il paese indietro di vent’ anni.
Quali sono i fatti? La Romania è una repubblica semi-presidenziale di tipo francese. I poteri del presidente sono notevoli. Traian Basescu – l’attuale presidente – ha sempre affermato di essere un giocatore politico, intervenendo molto nelle decisioni dei governi di centro-destra, schieramento politico al quale apparteneva. Le cose sono cambiate con la vittoria nelle elezioni amministrative del centro sinistra (USL) che ha causato una forte crisi politica. In seguito, nel parlamento si è creata una nuova maggioranza che ha sfiduciato il governo Ungureanu e ha obbligato il presidente di accettare un governo di centro-sinistra guidato dal social democratico Victor Ponta. Gli ultimi due mesi sono stati segnati da una lotta a colpi bassi tra il presidente Basescu e il primo ministro Ponta. Le accuse contro quest’ ultimo di aver plagiato la tesi di dottorato – bene orchestrate dagli uomini del presidente – e l’arresto del ex primo ministro social democratico Adrian Nastase hanno portato ad un conflitto aperto. Forte della sua maggioranza, il primo ministro ha deciso di eliminare il suo avversario politico, facendo uso di qualsiasi mezzo.
In una settimana Ponta ha distrutto tutte le istituzioni dello stato. Lunedì, 2 luglio, i rappresentanti della sua maggioranza in Parlamento hanno convocato una sessione straordinaria per sostituire L’avvocato del Popolo con un uomo fedele al governo, visto che è l’unica istituzione che può impugnare in tempi brevissimi le decisioni dell’ esecutivo davanti alla Corte Costituzionale. Nello stesso giorno, con un decreto legge, il governo ha fatto passare la Gazzetta Ufficiale sotto il suo diretto controllo per potersi assicurare la pubblicazione – quindi l’applicabilità immediata – delle norme. Martedì, 3 luglio, con un altro decreto-legge Ponta ha colpito la Corte Costituzionale, i cui pareri in merito agli atti del governo diventano consultativi e non più obbligatori. Il giorno successivo la maggioranza di governo ha sostituito i due presidenti delle Camere che erano membri del PDL -il centro destra – con due dei suoi esponenti. Il passo seguente – la richiesta di sospensione del presidente della repubblica – è arrivato giovedì, 5 luglio. Se il referendum previsto dalla costituzione per avvallare la decisione del parlamento avrà esito positivo, il presidente del senato, diventerà presidente della repubblica e potrà accordare la grazia al ex primo ministro Adrian Nastase, il mentore dell’attuale premier Ponta. Per assicurarsi il successo, il governo ha modificato oggi anche la legge referendaria, stabilendo che per dimettere il presidente è sufficiente il consenso della metà più uno dei partecipanti e non più dei avventi diritto di voto.
Siamo davanti ad un colpo di stato?
Fino a lunedì si trattava di una guerra tra le bande di corrotti che cercavano di controllare il paese. Adesso assistiamo ad un colpo di stato, con attacco alle istituzioni. Il governo Ponta, nella sua lotta contro il presidente Basescu, sta prendendo una piega autoritaria, abusando della possibilità di emettere decreti-legge dopo aversi assicurato che nessuna istituzione glielo possa impedire di farlo. Non potendo sostituire i membri della Corte Costituzionale, il governo l’ha svuotata di poteri. Da adesso in poi il parere della Corte sulla costituzionalità delle leggi diventa solo consultativo e non più vincolante. L’istituzione del Avvocato del Popolo, non potendo essere eliminata, l’hanno ridotta al silenzio, cambiandone il titolare con un uomo di fiducia.
Tra il governo e il presidente la guerra è totale. Peccato che sul campo rimarranno vittime la democrazia e il futuro dei romeni. Le istituzioni dello stato saranno distrutte e l’economia comincia a dare segnali di insofferenza dovuti alla mancanza di un governo che possa affrontare i problemi nati dalla crisi. Già la moneta nazionale ha cominciato a slittare pericolosamente e gli investitori esteri a farsi serie domande sulla stabilità del paese.
Questa crisi politica dimostra quanto deboli sono le istituzioni democratiche in Romania. Ma soprattutto vengono messe a nudo le debolezze dell’ attuale sistema, poco adatto ad un paese senza una forte tradizione democratica. Costruito su misura per il primo presidente post-comunista, Ion Iliescu, l’attuale sistema permette al capo dello stato di giocare un ruolo politico attivo. Le falle del sistema diventano evidenti quando il presidente e il governo non sono espressione della stessa maggioranza, creando la paralisi delle istituzioni oppure peggio, facendo esplodere l’edificio democratico come adesso.
Speriamo che alla fine di questa guerra tra le bande, le debolezze del sistema verranno affrontate e le istituzioni dello stato democratico rafforzate.
Sempre che ci sarà ancora una democrazia da rafforzare….
PS:
A quest’ora in Piazza dell’ Università di Bucarest sono iniziati gli scontri tra i sostenitori del governo e quelli del presidente.
L’ Europa guarda ancora dalla finestra…
di Teodor Amarandei