Sarajevo e Srebrenica, la cantonata di Gianni Minà

La rivista Latinoamerica, diretta da Gianni Minà, ha pubblicato due articoli sui Balcani in cui si afferma che le stragi di Sarajevo sono state una sceneggiata e il genocidio di Srebrenica un’invenzione (qui una sintesi dell’articolo, qui la versione integrale). Ecco la risposta di Luca Leone autore di cinque libri sulla Bosnia tra cui l’ultimo Mister sei miliardi.

 

Stavo per ricominciare a pubblicare alcuni post quando, una mattina di un paio di settimane fa, ho trovato in posta elettronica una e-mail di Mario Boccia, uno dei più grandi fotoreporter di guerra del giornalismo italiano, persona cristallina e di onestà intellettuale inequivocabile.
Con la sua e-mail Mario – e con lui un’altra stimatissima collega, Azra Nuhefendic – mi informava della pubblicazione di un lunghissimo articolo sul periodico “LatinoAmerica”, diretto da Gianni Minà, dal titolo “Dalla Bosnia al Kosovo vent’anni dopo, sono ancora aperte le vene dell’Europa”. Un titolo brutto e a prima vista indecifrabile, il cui senso si chiariva però riga dopo riga, addentrandosi nella lettura di un testo che ha fatto sobbalzare sulla sedia – oltre a Mario, Azra e me – tantissime altre persone.
In questo “articolo”, di cui sinceramente non ho neppure voglia di citare chi lo ha firmato, venivano riportati tutti i falsi miti, tutte le menzogne propagandistiche e infondate, tutte le mistificazioni della propaganda dell’estrema destra ultranazionalista e razzista serba, poi fatte proprie da altre ultra destre, non ultima quella italiana, e dalle ultra sinistre, inclusa quella nostrana: due corpi gonfi di bile, slogan e violenza a tratti non solo verbale che sempre più tendono a confondersi, incredibilmente, e magari, chissà, anche a fondersi. Chissà se l’autore di quel “pezzo” ci crede davvero a quel che ha scritto o si è solo fatto influenzare?
Così, in questo “articolo”, le stragi dei mercati di Sarajevo sono diventate stragi compiute dai musulmani ai danni dei musulmani per gettare discredito sui poveri serbi ultranazionalisti di Mladic e Karadzic che assediavano la città dall’alto con i loro cannoni e i loro cecchini ammazzando civili (musulmani, ortodossi, cattolici, ebrei…); il genocidio di Srebrenica vede ridotto drasticamente il numero delle vittime (da 10.701 denunciate dalle famiglie – o dalle oltre 8.500 riconosciute da tutti, inclusi l’ex presidente serbo Boris Tadic e quattro sentenze di tribunali internazionali – a poco più di 1.400), mentre i morti serbi della zona sono moltiplicati all’incirca per sette; la guerra di Bosnia viene spacciata per guerra civile mentre si è trattato evidentemente di guerra d’aggressione; le (pochissime e confuse) fonti citate sono state tutte screditate o smentite da anni dai fatti e dai documenti; e si potrebbe andare ancora avanti a lungo.
L’Osservatorio Balcani e Caucaso da alcuni giorni sta raccogliendo le reazioni a questo “articolo” negazionista, che potete trovare all’indirizzo http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Caro-Gianni-Mina
Trovate, tra i commenti che l’Osservatorio ha gentilmente ritenuto di pubblicare, anche la mia lettera a Minà, lettera che non ha mai ricevuto risposta (ma mi sarei meravigliato del contrario).
Con la pubblicazione di questo “articolo” il collega Minà ha vanificato parte di questi vent’anni di lavoro di chi, come Mario Boccia, Paolo Rumiz, Azra Nuhefendic, Predrag Matvejevic, Gianluca Paciucci, Angelo Lallo e, con altri, me, stanno cercando di raccontare come sono andate e come stanno realmente andando le cose in Bosnia Erzegovina, restando indipendenti dalle propagande di tutte le parti, musulmano-bosniache, serbo-bosniache o croato-bosniache che siano. Nonostante non di rado giungano a tutti noi, o ad alcuni di noi, minacce da parte di estremisti vigliacchi che sanno solo scrivere male parole ma non hanno mai il coraggio di firmarsi per esteso (sapendo che si beccherebbero immediatamente una denuncia).
Minà ha scambiato clamorosamente l’antimperialismo – di cui è da anni considerato uno dei portabandiera, che lo voglia o no – con il negazionismo e pubblicando quell’ “articolo” si è messo né più né meno sulle posizioni violente e negazioniste di un Borghezio. Ma da Borghezio te l’aspetti (e non capisci perché la Lega non lo abbia già espulso, o forse lo capisci fin troppo bene), da un Minà no. E ci resti molto male. Perché la violenza dell’estremismo serbo alimentato dai soldi dell’estremismo di destra russo di antimperialista non ha assolutamente nulla. Forse è antiamericano (ma Belgrado con Washington ha fatto e continua a fare begli affari), ma è cosa diversa, come è ben noto ed evidente.
Difficile dire se Minà vorrà tornare sulle sue posizioni o almeno concedere uno spazio identico – IDENTICO – a chi, documenti e testimonianze alla mano, la pensa in modo diametralmente opposto dall’articolista di quel “pezzo” assurdo, violento, offensivo. Offensivo verso le vittime di quell’orrore neofascista, innanzitutto, che durante la guerra di Bosnia ha provocato oltre centomila morti e il genocidio di Srebrenica, oltre a sofferenze terrificanti per tutti i civili, serbo-bosniaci, musulmano-bosniaci, croato-bosniaci, ebrei, rom, magiari, tedeschi, italiani, sloveni etc. che vivevano e talvolta ancora vivono in terra di Bosnia.
Ho proposto a Minà di venire con me in Bosnia a toccare con mano e a conoscere quei posti, quelle persone, quei documenti, quelle testimonianze. So che anche altri glielo hanno proposto. Ma Minà non risponde… E con il suo agire vanifica il lavoro onesto e documentato di tutti noi. Oltre, forse, a decenni di suo buon lavoro giornalistico. Perché, in fin dei conti, tutti o quasi pensavamo che egli fosse – sia stato – un buon giornalista.

Luca Leone

 

Leggi l’analisi dell’articolo di Bruno Maran

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