Reticolati al confine: il paradosso del Brennero e il Tirolo che non c'è più
L’Austria prepara reticolati e militari. I confini del Brennero, di Sillian (in val Pusteria) e di passo Resia (in Val Venosta) potrebbero presto diventare come quello di Spelfield in Slovenia: reticolati e transenne per regolare l’afflusso di profughi e migranti che vogliono andare verso il Nord Europa trasformando i valichi alpini in campi di identificazione all’aperto. Un disastro – di cui ancora si parla poco sui giornali nazionali – per l’economia altoatesina e italiana. E’ ancora da capire quali tipi di controlli verranno effettuati esattamente su un’arteria attraverso la quale passano milioni di tir di merce: ma code, tempi che si allungano, l’addio all’Europa unita, sono una certezza. Ma non solo. C’è un effetto simbolico collaterale forse ancor più potente.
Quella che va in frantumi è l’idea del Tirolo unito (che ha la sua versione moderna nell’Euregio, macroregione alpina che coordina Nordtirolo, Sudtirolo e Trentino): i fraterni amici di Innsbruck e Vienna che tanto hanno fatto per la lotta per l’indipendenza prima e l’autonomia poi del Sudtirolo hanno bellamente voltato le spalle. Che rimane del movimento di Eva Klotz e della bizzarra alleanza d’intenti con la Lega Nord quando manifestavano insieme contro l’apertura di un centro profughi al Brennero? Manifesteranno ora contro i fratelli austriaci che sotterrano l’ideale unitario asburgico?
In questi giorni si vive in Alto Adige un paradosso lacerante: con l’Svp spaesata costretta per la prima volta a chiedere aiuto a Roma per una contesa con l’Austria e a fare i conti con una prospettiva economica inedita, una barriera vera verso il mercato naturale del mondo germanico. Costretti a riscoprire l’Italia, che amaro destino.
Fino a che i reticolati non verranno srotolati c’è tempo ancora per combattere e sperare. I confini devono rimanere aperti. Ma ogni tanto, va detto, fa bene scoprire che si è sempre i “terroni” di qualcun altro.
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