Quelle «Cose dell'altro mondo» così profetiche

Il ministro della sanità invita a non recarsi negli ospedali se non in caso di stretta necessità. Il ministro dell’agricoltura ha parlato di tonnellate di frutta non raccolta. Molti bar e ristoranti chiudono. A Mazara del Vallo nove pescherecci su dieci non sono potuti uscire“.

Questi i vecchi titoli di telegiornali finti che suonano oggi veri e attualissimi. Sono tratti da un film del 2011 “Cose dell’altro mondo“, diretto da Francesco Patierno con protagonisti Diego Abatantuono, Valentina Lodovini e Valerio Mastrandrea. Ambientato in Veneto, narra un’Italia che a seguito di un temporale anomalo si ritrova senza extracomunitari. Tutti tornati “a casa loro” o comunque scomparsi.  Questo trasforma completamente le città: file davanti ai negozi, anziani abbandonati, problemi di approvvigionamento delle merci.  Oggi che queste “cose” hanno abbandonato l'”altro mondo” per raggiungere il nostro, non potevamo non fare qualche domanda a chi ha girato quel film e quei telegiornali: Francesco Patierno.

La carrellata dei Tg, le file davanti ai negozi, gli anziani abbandonati. “Cose dell’altro mondo” rischia di apparire profetico.

“Da più parti hanno citato il film per le similitudini con quello che viviamo oggi. Le strade vuote, le file… All’epoca avevamo studiato gli effetti della sparizione della manodopera straniera in maniera matematica. Abbiamo anche elaborato simulazioni precise grazie alla consulenza di alcuni esperti, tutto per rappresentare una realtà che sembrava assurda perché ci siamo accorti che il paese si sarebbe bloccato. Oggi credo che sia sotto gli occhi di tutti come quell’ipotesi pazzesca non fosse fantascientifica. La nostra società consumistica ha evidentemente fondamenta molto fragili”.

Nel film un temporale faceva sparire gli extracomunitari, nella realtà un virus ci ha chiuso in casa. Nonostante le differenze, dovremmo esserci accorti tutti di un fatto: la pessima ironia sugli immigrati come “risorse” mostra un evidente deficit di comprensione. Infermieri, lavoratori nell’agricoltura e nell’intera filiera alimentare, corrieri, rider.  Da confinati in casa ci siamo ritrovati a confrontarci quasi esclusivamente con stranieri.

“Aggiungerei tutte le badanti che si occupano di anziani, oltre naturalmente alle migliaia di infermiere straniere che hanno dimostrato quanto siano indispensabili”.

Sfondi una porta aperta (link). Ma esiste anche un problema di narrazione? In quanti hanno sottolineato l’importanza della manodopera straniera nella gestione dell’emergenza? Il tuo film dimostra che si può fare di meglio.

“Io mi concentrerei su un aspetto, su una domanda precisa. Se gli stranieri sparissero, ci verrebbero a mancare anche emotivamente? E’ una domanda che credo aiuti a comprendere il contesto. Credo occorra riflettere sulla paura nei confronti dello straniero, sulle sue origini e su come venga cavalcata a fini politici”.

Perché hai scelto di ambientare “Cose dell’altro mondo” in Veneto?

“Per motivi famigliari. Io vivo a Roma, ma sono figlio di un napoletano e di una veneta. Conosco benissimo Padova, Rovigo e Treviso, ricordo l’odore del ghiaietto di certi viali e sono particolarmente legato a Treviso, la città di mia madre. Non volevo prendere in giro una regione o riproporre i luoghi comuni ad essa collegati. Il razzismo è ovunque, al Sud e al Nord. Ciò non toglie che a Treviso ci hanno impedito di girare”.

La Lega Nord non sembra aver particolarmente apprezzato il film, tra inviti al boicottaggio e interrogazioni parlamentari. Il governatore Zaia ha persino dichiarato che avete rappresentato i veneti come Zulu. Direi che non erano turbati da eventuali accuse di razzismo.

“Premetto che molti dialoghi che possono sembrare forti o assurdi sono stati registrati dal vivo da me o da Diego De Silva che ha scritto la sceneggiatura del film insieme al sottoscritto. Credo sia utile fare un paragone. Nessuno ha protestato con Checco Zalone quando in Sole a catinelle urina dentro l’ampolla leghista contenente le sacre acque del fiume Po. Nessuno si è infuriato perché era un film comico. Cose dell’altro mondo è anche una commedia, ma tocca un nervo scoperto. Dimostra in maniera scientifica che viviamo in una società multirazziale che questo è ormai un dato di fatto. Alcuni politici non vogliono accettarlo perché impedisce loro di cavalcare i soliti cavalli di battaglia. Il mio film evidenzia un corto circuito della loro politico e si sono messi a urlare per coprire la realtà”.

Ultima domanda. Il cinema italiano era già in crisi profonda. Gli effetti della pandemia rischiano di dare il colpo di grazia?

“La situazione è disperata. Io stavo lavorando a diversi progetti tra cui un film ispirato a La peste di Camus ma ora è tutto fermo. Migliaia di persone si sono trovate senza lavoro e soprattutto senza futuro. Al momento non vi è nulla di certo, non conosciamo le modalità previste per la ripartenza e quelle che leggiamo appaiono assurde perché non comprendono cosa significhi girare un film. Probabilmente spariranno le produzioni indipendenti e sopravviveranno solo quelle sorrette da cartelli forti. Solo per fare un esempio, mediamente le troupe sono formate da cinquanta persone, come potremmo lavorare seguendo le norme di distanziamento sociale? Ma soprattutto come potremo girare la scena di un bacio?”

Massimiliano Boschi

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