Quando al cinema si parla dell'Italia (ma non in Italia)
Di recente mi è capitato di rivedere un film francese molto carino, che avevo visto al cinema in Belgio l’anno scorso: Tous les soleils, di Philippe Claudel. Il protagonista è Alessandro Regazzoni (Stefano Accorsi), professore italiano di musica barocca trapiantato da anni a Strasburgo. Rimasto vedovo pochi mesi dopo la nascita della figlia Irina, Alessandro non è mai riuscito a superare la perdita della moglie e si ritrova in difficoltà ad affrontare l’adolescenza di Irina ed il suo bisogno di libertà. Sarà l’incontro con Florence (Clotilde Courau), la figlia dell’anziana signora cui Alessandro faceva da lettore in ospedale, a cambiare le vite di entrambi.
Ma la figura che rimane più impressa è sicuramente Luigi (Neri Marcorè), il fratello di Alessandro/Accorsi. Rifugiato politico volontario in Francia da quando Berlusconi è al potere, Luigi vive come un barbone, barricato in casa del fratello. Gira sempre in pigiama, coperto da una vestaglia lercia; non parla più italiano, non esce mai se non per prendere la posta: resiste, fino al giorno in cui ‘cadrà il tiranno’. Ha allestito un tiro al bersaglio con la faccia di Berlusconi, sul quale la nipote si sfoga quando litiga con il padre. Ha anche provato a denunciare il cavaliere al Tribunale Penale Internazionale per crimini contro l’umanità, appropriazione indebita di denaro pubblico, esercizio medico illegale, tortura psicologica, traviamento di minori, genocidio intellettuale ed atti di barbarie psicologica, ma senza successo.
Mi permetto di trascrivervi una delle scene più esilaranti del film, il dialogo fra Neri Marcorè/Luigi e l’addetta venuta a verificare le condizioni per attribuirgli lo status di rifugiato politico:
Funzionaria: Da quanto tempo si trova in Francia?
Luigi: Da anni.
F: Da anni? E presenta domanda soltanto adesso?
L sospira, allargando le braccia con aria sconsolata.
F: Ehm. Nel riquadro ‘Nazionalità di origine’, lei ha indicato ‘apolide’. Ma lei, da quale Paese proviene esattamente?
L: Da un paese che non esiste più (sospirando e scuotendo la testa).
F: Va bene, ma quale?
L (rialzando lo sguardo): l’Italia, signora.
F (visibilmente basita): aspetti, quando ho letto il suo nome ho pensato che avesse sbagliato a scrivere, ma lei è veramente italiano? Seriamente, lei non può chiedere lo status di rifugiato politico in quanto italiano!
L: e perché no?
F: ma l’Italia è una democrazia!
L (alzando la voce in crescendo ed alzandosi in piedi): una democrazia? Una democrazia?? E lei la chiama democrazia, uno Stato alla guida del quale c’è un erotomane, liftato, truccato, coi tacchi, che detiene tutti i poteri, la televisione, la stampa, l’economia, una democrazia???
F: ascolti signor Regazzoni, ci sono centinaia di persone in situazioni davvero disperate, non credo che lei…
L: E la mia, di situazione? Non è forse disperata? Vivo come un recluso in attesa della caduta del tiranno, dal suo colpo di Stato mi rifiuto di parlare la mia lingua, che lui insozza ogni giorno. Mi nutro solo di ricordi e di sogni, le pare che stia in paradiso?
F: addio signor Regazzoni (fuggendo sconvolta).
Il film è molto godibile, ci sono tutti gli elementi per farne una pellicola di intrattenimento con un sottofondo di riflessione: rapporto genitori-figli, amore, amicizia, la perdita di una persona cara. I personaggi principali poi, sono quasi più noti al pubblico italiano che a quello francese: Stefano Accorsi, Neri Marcoré e la ‘principessa’ Clotilde.
Chissà come mai, allora, in Italia di questo film non se ne è quasi mai sentito parlare? (NB, è uscito nella primavera del 2011, quando nessuno si immaginava -tantomeno sperava- nei fatti di novembre) La domanda è, ovviamente, retorica.
Barbara Zamboni