Padania Classics, viaggio al termine del Nord (Est)
Sarà anche una nazione inventata, ma in quanto categoria estetica la Padania esiste eccome: capannoni che mischiano le funzioni produttive e abitative, rotatorie, svincoli, varianti e cantieri perenni, capitelli votivi accanto a ipermercati, torri Eiffel in miniatura (per davvero, a Pojana Maggiore) accanto ad anonimi grandi magazzini. Una terra in continua turbolenza produttiva, che ha sedimentato una sua cultura specifica e un linguaggio che racconta il mondo attraverso le lenti (deformanti nella loro banalità) della quotidianità aziendale. Tutto questo è il campo d’indagine di Padania Classics, progetto «di ricerca visiva» ideato dall’artista bresciano Filippo Minelli, che parte da un assunto: «La Padania esiste. È un territorio del nord Italia senza confini nazionali ma definito da azioni politiche e imprenditoriali. Dopo 30 anni è sotto gli occhi di tutti». A forza di essere evocata, insomma, la nazione fantasma desiderata dalla Lega Nord è apparsa come una costellazione di segni, una retorica che si traduce in metri cubi.
Esce in questi giorni l’Atlante del Classici Padani, una pubblicazione di 720 pagine realizzata grazie a una campagna di crowdfunding, summa fotografica e filosofica del Padania Classics-pensiero. Sabato 4 luglio, alle 17.30, il volume sarà presentato in anteprima veneta al festival di fotografia F4, presso Villa Brandolini a Pieve di Soligo (Treviso). Tutto è partito da una pagina Facebook che raccoglie orrori e paradossali splendori del paesaggio che corre a nord del fiume Po, lungo l’autostrada A4. Hanno fatto seguito un sito (“Osservatorio della MacroRegione”) che raccoglie testi scritti dal giornalista Emanuele Galesi, e alcune trovate surreali come uno stand fieristico che offre fantomatiche visite guidate con il marchio VisitPadania. In vista dell’anteprima veneta, abbiamo fatto qualche domanda a Filippo Minelli.
Come nasce e perché Padania Classics?
Padania Classics è nato nel 2011 come progetto di ricerca visiva per documentare la continuità del paesaggio contemporaneo del nord Italia, molto diverso per urbanistica e architettura anche solo da quello della prima metà del secolo, e che si è ora appiattito sull’estetica di qualsiasi provincia svalutando la specificità del nord Italia.
Siete partiti da una pagina Facebook, ora arriva un Atlante molto impegnativo. Un’evoluzione pianificata o una risposta al successo riscontrato sui social network?
Il progetto è nato con la documentazione fotografica, ma non essendo realizzato da un fotografo si è diramato naturalmente verso altre strade più performative. L’idea è quella di documentare e restituire nelle forme più efficaci l’estetica dominante che si è formata negli ultimi 40 anni. Ora si lavora alle presentazioni dell’Atlante dei Classici Padani, ma in futuro il progetto proseguirà con la stessa versatilità che lo ha contraddistinto fino ad ora.
Nella vostra neolingua, la Lombardia è ribattezzata MacroRegione Centrale, il Nord-Est diventa MacroRegione Orientale. Che specificità vedere nel nord-est?
Le persone che lavorano al progetto sono cresciute principalmente nel bresciano e in Brianza. Nel nord-est l’estetica del paesaggio contemporaneo cambia parecchio rispetto alla Lombardia, perché è più legata alla crisi economica e a un senso di abbandono di necessità. In Lombardia invece il disastro come valore evolutivo galoppa nonostante il periodo complesso.
Cosa farete esattamente a Pieve di Soligo sabato?
Allestiremo un’ufficio aziendale a Villa Brandolini, nel quale si potranno vedere buona parte delle 1200 immagini di paesaggio ora raccolte in un ambiente tipico, e presenteremo l’Atlante dei Classici Padani in anteprima.