Noi ragazzi della via Pàl
La «via» è talmente corta, ornata di lavori in corso così stantii che sembrano parte dell’arredo, da non crederci. Sampietrini mancanti, strada sconnessa stile campo minato, colore dominante grigio abbandono. Infatti non ci credono neanche gli stessi magiari, o meglio ungheresi, visto che i magiari sono solo il 94,4% della popolazione: il monumento che ricorda via Pál (dei ragazzi ad altezza uomo, «piombati» sulla strada) è in realtà in via Prater, poco distante.
Accanto c’è la strada dedicata a Ferenc Molnár, autore de «I ragazzi della via Pál» (1907), uno dei libri per ragazzi più letti al mondo. In via Pál solo una lapide, messa dal Gr3 italiano, a celebrare i giovani che incontrano l’Europa (dove, quando?). Poco importa, l’omaggio al primo libro letto in maniera cosciente nella vita era doveroso (stessa sorte dell’amico che mi accompagnava nel viaggio, ci si ricordava la copertina rossa di non so quale casa editrice, mentre la mia più cara amica ce l’aveva blu, la copertina, ma sempre è nata alla lettura con lo stesso libro).
A stupire, semmai, la mancanza di memoria storica degli ungheresi: magari tutti bravi attori, ma a chiedere indicazioni su via Pál nessuno che battesse ciglio e, non colle parole, ma manco con un guizzo nello sguardo ti facesse capire che sì, aveva capito il perché della nostra richiesta. Eppure le aspettative erano diverse. Partiti con l’idea della diversità magiara, letta su qualche guida frettolosa, si è trovata una città piena di fascino, dignità e sorrisi. Quelli che l’imperiale Vienna, austera, non regala a chi viene ad ammirarne gli splendori.
Budapest no, e i suoi eroi li sa ricordare. Ogni angolo della città è intriso di una data: il 1956. Imre Nagy, il primo ministro che guidò la rivolta contro l’Urss finita nel sangue e pagò la sua scelta con la vita, è un nome che viene detto sempre sotto voce da chi ci abita. Il rispetto è palese: un po’ come un interista pronuncia il nome di Facchetti. La rivoluzione del 1956, poi, è nella fiamma sempre accesa in memoria dei morti accanto al Parlamento, è nella scenografica piazza degli Eroi, è nei monumenti a Nagy stesso. Ero convinto che il soldato semplice Ernő Nemecsek, protagonista del romanzo di Molnár e secondo eroe magiaro del ventesimo secolo, avesse lasciato più tracce: forse l’essere ricordati per un libro, nonostante le buonissime intenzioni di chi l’ha letto, agli ungheresi sta un po’ sulle balle.
Enrico Albertini