Dalle Terme al Quirinale: Gli Dei ritornano - I bronzi di San Casciano
“Gli Dei ritornano – I bronzi di San Casciano”: con la mostra al Quirinale, inaugurata il 23 giugno dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, per la prima volta dalla loro straordinaria scoperta, avvenuta nel 2022, vengono presentate al pubblico le statue e gli altri reperti bronzei rinvenuti a San Casciano dei Bagni (Siena), luogo noto nell’antichità per essere stato un florido centro termale dall’impronta sacrale, un santuario frequentato sia dagli autoctoni etruschi sia dagli alloctoni romani, la cui cultura prevarrà, infine, su quella locale.
Il valore della scoperta di questi bronzi può essere tranquillamente paragonato a quella del ritrovamento al largo di Riace Marina nel 1972 dei ben noti “Bronzi di Riace”. Le motivazioni a sostegno di questa tesi possono essere riassunte in soli quattro lemmi: rarità, contesto, conservazione e area.
Il Santuario di San Casciano dei Bagni in corso di scavo, foto Emanuele Antonio Minerva
© Ministero della Cultura
Quattro parole per un ritrovamento unico
Rarità, perché i ritrovamenti di statue bronzee provenienti dal mondo antico – soprattutto a figura intera – sono estremamente infrequenti, dato che già in età Tardo Antica e fino agli ultimi anni del Basso Medioevo venivano spesso fuse per ricavarne il metallo di partenza al fine di ottenerne utensili come candelabri, monili, posateria e monete.
Contesto: in archeologia questo è un concetto che si apre a diverse interpretazioni, ma in generale lo si può indicare come lo spazio geografico entro il quale una data popolazione ha vissuto e in cui ha creato particolari manufatti che vanno a configurarsi come espressioni della propria cultura. Nel caso di San Casciano dei Bagni, area anticamente afferente alla potente città-stato etrusca di Chiusi, troviamo nello spazio del cosiddetto “Bagno Grande” evidenze di deposizioni etrusche, etrusco-romane ed infine romane. La maggior parte di questi capolavori si data tra il II sec. a.C. ed il I sec. a.C.
Conservazione: la geochimica dell’acqua termale ancora presente nell’area – il toponimo San Casciano “dei Bagni” è parlante in questo caso – ed il probabile ambiente anossico (senza ossigeno) in cui erano immersi, ha permesso ai reperti di attraversare quasi indenni i due millenni che ci separano dai loro creatori e dedicanti, permettendoci di leggere chiaramente su molte delle statue e dei busti rinvenuti alcune iscrizioni in lingua etrusca e latina.
Area: ricollegandoci soprattutto alle iscrizioni etrusche, è possibile risalire con precisione a coloro i quali ne fecero dono a questa importante area sacrale. Si evidenziano i nomi di alcune potenti famiglie residenti in varie aree dell’Etruria, come i Velimna di Perugia e i Marcni dell’area senese. È dunque possibile dimostrare come il santuario termale di San Casciano, frequentato già dal III sec. a.C., avesse un’importanza non solo locale, ma interregionale. Peraltro, è importante notare come gli sconvolgimenti di un territorio passato da un’autonomia locale al controllo sempre più radicato da parte di Roma, non inficino la frequenza del culto del santuario, dove si assiste ad una vera e propria commistione di culture prima della definitiva romanizzazione, che può dirsi compiuta entro la fine del I sec. a.C.
Statua femminile con iscrizione etrusca sulla veste. Donata a Flere Havens da Aule Scarpe, membro della famiglia Velimna di Perugia – II° sec. a.C. (foto Emanuele Antonio Minerva – © Ministero della Cultura)
Le opere in mostra
La mostra dedicata a questi eccezionali tesori d’Etruria al Palazzo del Quirinale, aperta al pubblico dal 23 giugno al 29 ottobre 2023, metterà dunque in mostra una ventina delle circa trenta statue votive ritrovate nella fonte sacra di San Casciano, assieme a centinaia di monete e ad ex-voto aventi le forme anatomiche (occhi, orecchie, seni, uteri, membri maschili, placche poliviscerali) che gli offerenti chiedevano alle divinità termali di sanare.
Questi capolavori della toreutica antica di sapore marcatamente italico – visibile dal realismo dei volti, a differenza dell’idealismo riscontrabile nelle statue e nei busti dell’arte greca arcaica e classica – si presentano con una diversa corporeità rispetto ai Bronzi di Riace, più antichi di almeno trecento anni. Questi ultimi, infatti, mostrano all’osservatore delle figure guerriere, con i muscoli contratti e rilassati a un tempo, lo sguardo vigile e le vene visibili sottopelle, mentre i bronzi di San Casciano tradiscono il loro ruolo di ex-voto, quindi, escludendo le divinità raffigurate, le figure appaiono minute, esili e testimoniano come i dedicanti cercassero aiuto negli dèi per poter guarire dai mali che li affliggevano.
Placca poliviscerale dedicata alla dea Fortuna – I° sec. a.C. (foto Emanuele Antonio Minerva – © Ministero della Cultura)
Per la grandezza di alcune statue a figura intera, possiamo parlare di honorata mensura, un’unità di misura che Plinio il Vecchio riteneva la dimensione ritenuta giusta per il culto, corrispondente a tre piedi romani, ovvero un metro circa.
Dalle statue esposte al Palazzo del Quirinale si evince che le divinità adorate nel santuario di San Casciano fossero Igea, dea della salute e dell’Igiene, Apollo, dio della musica e delle arti mediche, Fortuna, dea del caso e del destino, nonché, pare, la divinità tutelare della fonte: Flere Havens, la cui traduzione dall’etrusco può essere resa come “nume della fonte”.
Terminata la mostra, i reperti torneranno definitivamente a San Casciano dei Bagni, a meno di un chilometro dall’area del loro ritrovamento, dove saranno esposti all’interno del Palazzo dell’Arcipretura, acquisito appositamente dallo Stato per ospitare sia i bronzi del Santuario, sia i reperti provenienti dalle ricognizioni archeologiche del territorio circostante.
In copertina: foto Agnese Sbaffi ‐ © Ministero della cultura