Maldive, un golpe da operetta?
“Considerato quello che succede in giro nel mondo, questo delle Maldive è un colpo di stato quantomeno soft. Qui al resort Palm beach la vacanza continua tranquillamente”. Sergio, avvocato di Bolzano, è stato intervistato dal Giornale che l’ha raggiunto telefonicamente su un isolotto paradisiaco delle Maldive. E’ stato sentito nei primi giorni del golpe dal giornalista Fausto Biloslavo, al quale ha raccontato il suo personale punto di vista sul golpe che la scorsa settimana ha portato alla deposizione del presidente Mohammed Nasheed, che guidava la popolazione a maggioranza musulmana sunnita. Nei giorni successivi gli scontri si sono inaspriti, ma per i turisti la situazione rimane relativamente tranquilla.
Alla guida delle isole dell’oceano Indiano c’è ora un nuovo capo di Stato, Waheed Hassan, riconosciuto dalla diplomazia statunitense. Il presidente uscente, ex attivista per i diritti umani noto come il Mandela delle Maldive, si è dimesso e è fuggito con la famiglia nello Sri Lanka. Nasheed ha lanciato un appello per “salvare il Paese” dal golpe, dietro il quale vede la regia dell’ex regime. Nel corso del golpe le statue del museo buddista della capitale, Malè, sono state fatte a pezzi. L’avvocato bolzanino Sergio va in vacanza alle Maldive da una ventina d’anni. Con lui nel resort a 40 minuti di idrovolante dalla capitale, ci sono circa 300 turisti italiani. Nessuno di loro sembra preoccupato del colpo di stato in atto. “Lo viviamo come un golpe da operetta. L’allarme è rimbalzato dall’Italia con amici e familiari che hanno cominciato a chiamarci impauriti”, spiega l’avvocato. “Si va tranquillamente in spiaggia. E’ tutto normale a tal punto che ieri è arrivata una coppia con i bimbi piccoli dall’Italia e nessuno si sogna di fare le valigie”, tranquillizza il turista. Secondo il racconto di Sergio le linee telefoniche non sono mai state interrotte, la tv funziona, la radio pure, i rifornimenti non si sono mai interrotti. “Siamo ottimisti, speriamo che rimanga un golpe soft” è il commento di Sergio.
Silvia Fabbi