Libia, la guerra per il gas delle rocce
La Francia punta molto sul gas di scisto, ma le opposizioni interne non le permettono di scavare i propri pozzi in territorio nazionale. La Libia è ricca di questo combustibile, ma fino allo scoppio della guerra – in marzo – aveva la maggior parte dei contratti energetici con compagnie italiane. E appena un mese dopo i primi bombardamenti, l’Eni ha messo a segno un colpo importante: l’accordo con Sonatrach (compagnia energetica di Stato) per esplorare e sfruttare i bacini di gas di scisto in Algeria.Secondo l’analista del Wall Street Journal Amy Myers Jaffe, la crescita della produzione del gas di scisto dovrebbe presto abbattere i costi energetici: secondo alcuni studi condotti in Francia, il prezzo dei carburanti potrebbe precipitare del venti, trenta per cento in meno di trent’anni, se questa risorsa venisse sfruttata su larga scala.
Ma gli ostacoli sono molti. Gli Stati Uniti stanno già andando in sovraproduzione, mentre il mercato dell’Europa e del Mediterraneo resta ancora incerto e legato agli esiti della guerra in Libia. Non è un caso che la Russia, grande esportatore di gas naturale e potenzialmente danneggiata dall’utilizzo massiccio del gas di scisto, si sia opposta ai bombardamenti Nato della Libia: e non è nemmeno una coincidenza che il primo Paese a sganciare gli ordigni su Tripoli sia stata la Francia, affamata di gas e bloccata nell’estrazione dai giacimenti interni. Contraria alla guerra è stata sin dal principio anche la Germania, alleato energetico di Mosca, al punto che l’ex cancelliere Gerhard Schroeder lavora per Gazprom (la compagnia energetica russa) e presiede la società che sta realizzando il gasdotto Nordstream, per portare in Europa altro metano dalle regioni dell’ex Urss.
Marco Mostallino