Crisi, lettera agli imprenditori: "Questa non è la fine del mondo"

nicolòCiao il mio nome è Nicolò Bortoletto,
sono figlio di Giancarlo, sono figlio di un imprenditore come voi, Sono figlio di una generazione che il lavorare era ed è prima di tutto, potrei essere figlio di ognuno di voi. Ho lavorato a tempi alterni per quasi dieci anni nell’azienda di mio padre mentre finivo di laurearmi e ho vissuto sulla sua pelle e su quella di tutta la famiglia la crisi, la fine del mondo così come l’avevate sempre conosciuta.
Vi scrivo questa lettera perché ora mi trovo in India, volontario in una scuola fondata 20 anni fa da due trevigiani con “do bae cussì”. Sono venuto fino a qui perchè non credevo che questa crisi fosse la “fine”, per vedere altre realtà e per capire se quello che ci dicono la tv, i giornali (e di conseguenza anche tra di noi) è vero oppure no. Sono venuto qua e forse ho visto cosa è la vera fine del mondo. La fine del mondo è vedere una madre di sei figli, vedova, malata di tifo e malaria con un figlio handicappato e costretta a sposare la figlia tredicenne perché non riesce a mantenerla.

La fine del mondo è vedere bambini di 14 anni alzarsi alle 4 di mattina per cucinare per tutti i compagni nonostante alcuni abbiano la scabbia, il tifo, la malaria. La fine del nostro mondo invece è un segno del cambiamento, del “forse abbiamo fatto troppo”.
A cosa serve costruire ancora case? Abbiamo crescita demografica negativa e migliaia di case invendute. Forse siamo arrivati al punto in cui bisogna sistemare quello che già c’è. Forse bisogna farsi un esame di coscienza e dire “basta”, ridimensionare i nostri bisogni, i nostri sprechi e le nostre pretese di “ricchezza”.
Dire basta a volte può essere un segno di progresso, perché progresso non vuol dire sempre andare avanti, il nuovo, il di più. Ogni nuova scoperta non è “progresso” perché anche la bomba atomica allora sarebbe progresso. Il progresso è scegliere se una novità è utile al nostro benessere, eventualmente scartarla oppure tornare qualche passo indietro.
So che sono parole che suonano strane, ma siamo nati per essere i più ricchi del cimitero?
Forse se ci pensate bene stavano meglio i nostri nonni, con la mucca, il campo da coltivare e nessuna pretesa di diventare Dott. o Avv. Io sono dovuto venire in India per capire che quella che stavo vivendo non era la fine del mondo, anche se mi era sempre stata dipinta così, era semplicemente un segno della fine dell’era del fare tutto, subito, del guadagno e della “sicurezza” sopra ogni cosa. In cosa vorrei che fosse fatta la mia casa? In materiali naturali che non inquinino, che non lascino scie di morti, non voglio più amianto, rifiuti industriali sotterrati in cave, falde acquifere inquinate e
soprattutto non voglio che ci sia questa divisione.

Siete e siamo tutti presi dai propri problemi, isolati in questa cupola di negatività, se ne parlassimo invece che far finta di niente scopriremo di essere tutti sulla stessa barca. Se, invece che azzannarci, alla sera, piuttosto che rifugiarci soli e disperati nelle nostre casette, ci trovassimo a discutere e a condividere le problematiche, a prendere la situazione per quella che è e magari a trovare soluzioni comuni, saremmo più consapevoli, più complici e magari sentiremo anche più forti e uniti.
Uniti si esce da questa crisi, da soli si muore, di lavoro, di rimpianti e di rabbia. Si esce consapevoli che un grande cambiamento è in atto e che ci porterà a un mondo più a misura d’uomo perché alla fine ciò che conta è la serenità. Il benessere non lo si vede dal conto in banca ma dalle pastiglie che si prende la sera, dal tempo che si passa con i propri cari o si dedica a se stessi. Sogno un mondo diverso in cui l’altro non sia sempre un “rivale in affari”, ma prima di tutto una persona, perché credo che siamo tutti consapevoli di essere di passaggio e tutti vorremmo lasciare ai nostri figli e nipoti un mondo migliore di quello che abbiamo trovato. Gandhi una volta ha detto “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” e alla fine senza alcun morto, semplicemente con il buon esempio ha portato all’indipendenza una nazione che oggi conta più di un miliardo di persone.
Se dopo aver letto questa lettera, sentite che il mondo non è finito, allora ho raggiunto il mio scopo, se poi volete donare anche qualcosa a questi ragazzi, che la fine del mondo la vivono ogni giorno, scrivetemi pure vi darò tutte le indicazioni e io tramite il mio sito web e la pagina facebook della scuola vi trasmetterò tutta la loro gratitudine.

Auguri di buon Natale a voi e alle vostre famiglie.

                                                                                                             Un abbraccio
Nicolò Bortoletto
http://www.the-rock.it
nicobort87@gmail.com

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