L’angoscia di dover tornare in Italia (da Francoforte)

Qualche sera fa sono stata avvolta dai pensieri.

I giorni corrono veloci, troppo veloci, e quando guardo il calendario manca un mese alla fine. Se ragiono per weekend (che è la parte più interessante e divertente della settimana), ne mancano solo quattro. Se considero che qualche venerdì potrei non uscire a causa di stanchezza degli altri, diluvio, ritorni in Italia (o Paese di provenienza) nei weekend, varie ed eventuali, i giorni si accorciano ancor di più.

Ci pensavo mentre camminavo sul ponte da Sachsenhausen a Innenstadt una sera,

guardando i grattacieli illuminati e facendo foto. Non voglio che finisca. Non voglio tornare. Penso a quando andrò in vacanza ad agosto, stesso posto stesse cose da fare, e senza più quel sogno che mi ha accompagnata da marzo ad oggi.

Quando ho avuto problemi al lavoro, il pensiero che il periodo qui debba finire, dell’estate, del mare, l’Italia, gli amici e la famiglia mi consolava non poco. Ora che le cose vanno meglio, il pensiero che quando sarò in vacanza sarà tutto finito e senza un “dopo” o un ritorno qui mi mette tristezza e angoscia.

Non saprei dire esattamente quando e come, ma ad un certo punto (credo dopo il mese e mezzo qui) mi sono resa conto che qui in fondo ho una vita. Delle abitudini. Delle routine. Non sono più solo turista, e non guardo più tutto con gli occhi della meraviglia. Non sono neanche cittadina o persona integratissima in città, ma ho trovato una dimensione che mi piace in quel limbo che sta fra l’essere turista e la quasi-cittadina. E dover lasciare tutto mi mette tristezza. Trovare lavoro non è così semplice: le posizioni che trovo richiedono una conoscenza del tedesco troppo elevata e che non ho, ed hanno una struttura di stage e lavoro diversa dall’Italia per cui sono spesso fuori dai requisiti: o troppo, o troppo poco.

E davanti, quando sarò in Italia non avrò niente. Niente di sicuro, nessun progetto, nessun lavoro. Cosa farò? Ingrosserò le fila dei miei coetanei della “generazione-crisi” (va tanto di moda chiamarci così adesso), in attesa di qualcosa che non arriverà mai? Avrò una botta di c… e mi verrà fatta qualche proposta sensazionale? Progetterò una fuga in Australia o un mese in Islanda? Sicuramente vorrei fare altre esperienze all’estero, anche brevi. L’estero non è meglio dell’Italia, non per forza, non sempre e non su tutto. Ma è una cosa mia, sono io che ho un’enorme curiosità verso il mondo e questo desiderio di scoperta mi mangia viva.

Spero solo di aver messo dei tasselli qui per poter costruire qualcosa. Spero che quando tornerò in Italia sarà per crescere ed andare avanti a costruire, e non per regredire e guardarmi costantemente indietro nel rimpianto.

Cento giorni a Francoforte

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