La vita è belga
L’associazione si chiama “La vita è belga” ma la passione che la anima è tutta italiana e di segno femminile. Sono donne con esperienze lavorative diverse ma accomunate dalla voglia di portare qui nell’eurocapitale un pezzo del Belpaese, vuoi che si tratti di riscoprire suoni e ritmi dei balli popolari meridionali oppure del desiderio di onorare al meglio la festa della Liberazione. Sono infatti tantissime le iniziative organizzate in diversi anni di attività. Protagoniste di questo lavoro di squadra sono Romina, Francesca, Yael, Maria, Serena, Michela ed Emanuela. Il nome dell’associazione è un chiaro riferimento a “La vita è bella”, lo straordinario film di Roberto Benigni.
Incontro Michela, che si autodefinisce eurocrate, ma ballerina di vocazione. Un’energia vitale contagiosa – “non mi basta il tempo, nella vita voglio fare mille cose”, mi dice; friulana di Udine, ha sposato un salentino di Casarano, dunque una coppia che unisce simbolicamente la Penisola anche se qui le polemiche di quarta serie a cui siamo stati abituati non hanno diritto di cittadinanza. E per fortuna. Mi incuriosisce il fatto che siano solo donne le protagoniste di quest’avventura collettiva. In realtà le cose non stanno proprio così e il suo sorriso sornione me lo fa capire molto bene: “I nostri mariti e compagni ci danno una mano, anzi senza il loro contributo difficilmente saremmo riuscite ad organizzare alcuni nostri eventi. Solo che, come dire, preferiscono rimanere dietro le quinte”. Un modo elegante per dire che i maschietti non ci provano nemmeno a ribaltare “i rapporti di forza” anche se la collaborazione è massima e non c’è nessun intento egemone.
“Come pure è ottima l’intesa e la collaborazione – aggiunge Michela – con altre realtà associative presenti a Bruxelles che si propongono i nostri stessi obiettivi: fare cultura, diventare punto di riferimento per gli italiani che per un motivo o un altro vivono a Bruxelles. Penso alla libreria Piola, a Beit, all’Anpi, l’associazione partigiani d’Italia, al Casi-Uo e cioè il Centro di azione sociale italiano-Università operaia, giusto per fare qualche nome”.
Le chiedo quindi cosa è cambiato negli ultimi anni e lei mi risponde sia come esponente dell’associazione ma anche facendo tesoro della sua esperienza di funzionaria di un’istituzione comunitaria: “Sono arrivata qui la prima volta nel 2003. A Bruxelles ho conosciuto quello che poi è diventato mio marito; dopo varie vicissitudini abbiamo lasciato l’Italia e siamo tornati qui dove lo scorso anno è nata la nostra piccina. Credo che negli ultimi tempi trovare lavoro sia diventato sempre più difficile; sette, otto anni fa era diverso perché c’erano sicuramente più spazi e qualche opportunità in più. Adesso la concorrenza è agguerrita mentre sono sempre più numerosi i nostri connazionali che si trasferiscono in Belgio alla ricerca di un impiego qualsiasi. Conosco laureati che si adattano a far di tutto. Per farcela bisogna essere determinati e avere un pizzico di fortuna che non guasta mai. Detto questo, Bruxelles resta una città vivibile e vale comunque la pena provarci”.
Per chi avesse bisogno di consulenza, anche legale eventualmente, l’associazione ha messo in piedi uno sportello informativo con un avvocato che fornisce assistenza. Per questo servizio o per saperne di più sull’associazione, ecco i contatti: http://www.lavitaebelga.eu; info@lavitaebelga.eu
Sergio Pargoletti
Leggi le cronache dall’Eurocapitale di Sergio Pargoletti