La mania norvegese per lo sport

I norvegesi sono sportivi. Credo che la necessità di movimento sia nata a causa delle basse temperature: stare fermi a zero gradi risulta alquanto spiacevole. Una volta cominciato a muoversi per necessità, però, l’uomo nordico ha fatto un’ulteriore scoperta: ha capito che gli piace. Così ancora oggi, nonostante l’ampia scelta di palestre a prezzi contenuti e il tepore letargico dato dalle temperature altissime nelle loro abitazioni, i norvegesi escono. Qualsiasi sia la condizione climatica, anche con la pessima combinazione acqua-neve-vento-che-manda-la-pioggia-in-ogni-angolazione tanto di moda a Bergen.

Ogni giorno un norvegese esce di casa con la  giacca a vento, i pantaloncini, l’ipod nelle orecchie. E comincia a correre. Alle corse settimanali si somma lo sport della domenica: il giorno in cui Dio si riposò qui non esiste, almeno non come lo intendiamo noi.

Il relax invernale è inteso come salire al Fløyen, una delle sette montagne che circondano Bergen. Ci sono due modi per raggiungere la cima: con un comodo trenino oppure a piedi, percorrendo una ripida e gelata strada sterrata. Inutile dire quale modalità scelgano i norvegesi, a tutte le età. Una volta in cima  indossano gli sci da fondo che hanno portato con sé da casa negli zaini, tanto per aggiungere un pò di peso allo sforzo. I bambini cominciano a sciare appena imparano a camminare e vengono spinti  dalle mamme in zone che potrebbero essere tranquillamente  contrassegnate con la bandierina nera. Quello praticato qui è un altro tipo di sci nordico: mentre noi seguiamo tracce ben definite, sudando e chiedendoci “chi me l’ha fatto fare”, loro improvvisano. Qualsiasi superficie ricoperta dalla neve è considerata zona da esplorare. Quando poi comincia a fare buio, intorno alle quattro, scendono in città e tornano a casa, sci in spalla, pronti per godersi una bella doccia calda.

Quando le temperature cominciano a essere più gradevoli e la neve lascia spazio all’erba, la maggior parte dei locali passa dagli sci alle passeggiate. Ma anche in questo caso, non sono quello che intendiamo noi. Sulle Alpi, se superano le tre ore di durata, le chiamiamo camminate. Loro “passeggiano” per sei ore in salita, affrontando con le scarpe da trekking mucchi di sassi e residui di neve. Stessa cosa vale per i “giretti” in bici, per noi definibili pedalate epiche.

Ma perché lo fanno? Ho provato a guardare le facce, le espressioni di quelli che correvano sotto la pioggia, di quelli che salivano sul sentiero ghiacciato con lo zaino pieno sulle spalle, dei reduci delle “passeggiate estive”. E ho capito. Lo fanno per puro piacere, per svagarsi e, paradossalmente, per rilassarsi facendo fatica. E allora, perché non vanno in palestra e nuotano nell’oceano anziché in piscina? Credo lo facciano per rinnovare la sensazione di pace e appartenenza data dal contatto con la natura, così forte e appagante da riuscire ad annullare  le condizioni atmosferiche circostanti.

Camilla Bonetti

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