La "bosnite" di Gianni

Quando per la prima volta è arrivato a Suceska, ha rivisto le immagini del suo altopiano dopo la Prima Guerra Mondiale, quella landa desolata e spelacchiata che si vede nelle foto d’epoca in bianco e nero. “E’ allora che mi sono ammalato di bosnite…”. Ed è così che ora tutta Asiago rischia di essere contagiata dalla determinazione di Gianni Rigoni Stern.

Foto di Luca Barbieri

Erano un centinaio venerdì sera le persone arrivate al teatro Millepini per ascoltare e vedere – con la proiezione del documentario “la transumanza della pace” – il progetto di solidarietà che sta unendo l’Altopiano e la Val Rendena a Srbrenica, cuore della Bosnia-Herzegovina, cuore dell’Europa, luogo del più grave eccidio compiuto nel Vecchio Continente dalla fine dell’ultima guerra mondiale: più di ottomila uomini musulmani uccisi dalle truppe serbe.

Una serata fatta di silenzi assorti e risate improvvise. Tutto merito di Rigoni Stern e delle 48 manzette rendene protagoniste del viaggio che nello scorso dicembre le ha portate da Caderzone a Suceska. Un “dono” (finanziato dalla provincia autonoma di Trento) che l’asiaghese sta seguendo passo passo. “Sono tutte lì e stanno bene – ha assicurato -. Ora stanno nascendo i primi vitellini”. Un modo per riportare alla vita una landa che sembra uscita appena dal Medio Evo: le felci infestanti che ricoprono il terreno, le case ancora bruciate, i campi ricoperti di mine, la vita che riprende piano e fredda.

“Lo scopo – spiega Gianni – è quello di innescare un meccanismo virtuoso di crescita attraverso l’allevamento. L’obiettivo finale, dopo che in autunno porterò altre 35 manzette, è la costruzione di un caseificio”. Un’impresa a suo modo titanica e solitaria, nell’indifferenza se non nell’ostilità delle istituzioni bosniache (che su quel dono, le 48 manzette, hanno pure riscosso il 17% di Iva) e nell’assenza ormai della cooperazione italiana. Le presentazioni del documentario girato da Roberta Biagiarelli, ieri sul palco con Rigoni Stern, è anche quello di raccogliere fondi per l’acquisto di un trattore usato che possa essere condiviso dalla comunità.

Un percorso ad ostacoli che non ha fermato un progetto che ormai sta decollando ed è fatto di calore umano e animale. Quello degli allevatori rendenesi “commossi” alla partenza delle loro bestie. “La rendena è una mucca molto umana – spiega Gian Battista Polla nel documentario -. Quando sui pascoli la chiami arriva subito…Certo, non è una macchina da latte, ma è resistente e si adatta a tutto”. E c’è il calore di ritorno, quello di una vedova bosniaca che per ringraziare ha fatto arrivare in Italia delle “pape” (delle babbucce tipiche, nella foto) fatte a mano.

Roberta Biagiarelli con le "pape" provenienti da Suceska

“Ma gli uomini dove sono?” ha chiesto a fine serata uno spettatore dopo un’ora di documentario che vede come protagoniste indiscusse le donne. La risposta sta scritta sulle lapidi. Si sono salvati solo i ragazzini e chi fuggì in tempo verso Tuzla. “C’è una contrada ad esempio che su 115 uomini ne sono morti 92”. Eccola Suceska, Srebrenica. Dieci ore di auto dal Veneto, cuore dell’Europa.

Gianni Rigoni Stern con una vedova di Suceska. Tratto da "La transumanza della pace" di Roberta Biagiarelli

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