La barca sull’Amstel
Perso tra i mille canali, mi fermo ancora una volta ad osservare il fiume. Ogni canale sembra uguale all’altro, anche Victor si perdeva. Ma l’Amstel è ampio, profumato, unico. Lo solcano le barche più grandi che si fanno largo tra i ponti che si alzano con i loro sbuffi di vapore. È il vero cuore della città. Senza l’esigenza di alzare una diga – Dam – e senza tutto quello che vi è stato costruito attorno (municipio, mercati, torri, chiese, sinagoghe), Amsterdam sarebbe rimasta un sogno nel cuore dell’Europa. Sembra nell’ordine delle cose che i miei prossimi ospiti saranno Onno e Marc, due ragazzi che per qualche motivo hanno deciso di vivere in una barca ormeggiata in fondo all’Amstel. Prima di cominciare finalmente la mia pedalata fuori dalla città, passo per il quartiere ebraico e osservo le sinagoghe e gli edifici ricostruiti dopo i bombardamenti della guerra. Questa città è la patria del multiculturalismo e della tolleranza, ed è quindi strana, ma tutto sommato coerente con un movimento culturale più ampio, la tendenza ad attaccare le minoranze, soprattutto quella islamica. Ancora più strana mi pare l’iscrizione riportante un documento ufficiale che noto in un piccolo punto informativo: “agli ebrei è tuttora vietato costituire gilde e avere relazioni sessuali con donne cristiane e con le loro figlie. Per il resto, essi sono i benvenuti ad Amsterdam”.
Mentre la sera ascolto il cd registrato da Onno, capisco di aver fatto un altro incontro straordinario. La curiosità di questo clarinettista e direttore d’orchestra e maestro elementare l’aveva portato nelle biblioteche di mezza Europa alla ricerca di musica sconosciuta. Era emersa la vita di un uomo comune, Zachow, compositore e per un certo periodo maestro di Handel, i cui lavori iniziali furono influenzati dal maestro. Grazie ad Onno e alla sua Accademia Amsterdam i suoi spartiti avevano finalmente preso vita. Mentre preparavo la cena è venuto ad aiutarmi e mi ha mostrato una locandina illustrata da Marc e mi ha detto: ecco la cosa più importante a cui sto lavorando ora. Pubblicizzava un saggio musicale con i suoi bambini, e l’illustrazione somigliava a quelle del Piccolo Principe. Quando glielo dico lui mi sorride, come a sottendere che era contento che l’avessi notato. Lui viene a Napoli un paio di volte all’anno per insegnare musica. È affascinato dagli estremi della mia terra ma non riuscirebbe mai a viverci. “Ma anche Amsterdam non è messa bene, frammentata in tante piccole municipalità e quindi impossibilitata a portare avanti un progetto artistico unitario. In Olanda hanno ridotto il numero dei ministeri e quello della cultura è sparito, ci sono stati tagli ai fondi, il segretario di stato dice che non sa cosa sia la cultura, che lui è un ignorante e ne è fiero. Per i nostri concerti abbiamo provato a finanziarci tramite il crowdfunding, ma non sembra funzionare.” Il processo di degradazione per l’arte è cominciato 20 anni fa, aggiunge, con un governo liberal, e non capisco se intenda la connotazione politica all’americana o all’europea, ma nel frattempo la cena è pronta e siamo affamati.
Marc all’inizio era silenzioso, pareva mi studiasse. Forse è stata la bolognese che ho cucinato a renderlo meno sospettoso. Senza musica, solo lo sciabordio del fiume veniva a farci compagnia nei rari momenti di silenzio. Parliamo per oltre un’ora. Marc fa il bis della mia pasta, Onno si dedica all’insalata e al suo olio di oliva umbro, io finisco il vino. Mi dicono che gli olandesi sono molto restii nel provare il cibo di altre culture. L’olio di oliva è considerato come una vera schifezza: quando un membro del governo aveva espresso il suo malcontento nei confronti di Italia, Spagna e Grecia per la loro situazione economica, aveva parlato di olive countries, in senso spregiativo. Mentre siamo a tavola e ci godiamo il tè prima di uscire, mi ritornano le immagini della città in testa, il suono dell’olandese che i miei ospiti usano come linguaggio privato, i sapori dei formaggi con la marmellata di fichi. Usciamo per un giro in bicicletta. Pisa o Venezia? mi chiedono, e alla fine la gelateria vincente risulta essere la seconda.
Alessandro Vignale