“Un teatro sano e creativo” #Iteatranti4
“Instaurare un sistema sano e creativo per realizzare spettacoli di alta qualità”. L’obiettivo di Walter Zambaldi è fin troppo condivisibile, ma per comprendere come questo possa essere realizzato, occorre “scomporlo”. Per esempio cosa si intende con “sano”?
“Intendo una gestione sana, non solo dal punto di vista economico – precisa il direttore dello Stabile di Bolzano – . Una gestione che si basa su alcune buone pratiche, una definizione che non mi entusiasma, ma non ne trovo una migliore per descrivere le scelte fatte. All’origine vi è una visione manageriale dell’attività teatrale, una gestione che non si limita all’amministrazione dei fondi a disposizione ma alla ottimizzazione delle risorse con l’applicazione dei principi di efficienza ed economicità. Perché più spettacoli in rassegna significano maggiori entrate economiche grazie ai biglietti venduti, significa migliorare l’appeal per gli abbonati che aumentano di numero e generano altre risorse. Inoltre, c’è la vendita dei nostri spettacoli sul territorio nazionale. Si producono, quindi, attività che aumentano le entrate mentre si continua a valutare se con le risorse a disposizione si sta facendo il massimo. E’ un processo di accelerazione che viene continuamente monitorato per far sì che la struttura dimostri l’adeguata flessibilità e che continui ad aumentare il ritorno degli investimenti in cultura”.
Ma, come si diceva, non si può dimenticare l’aspetto creativo. E su questo, Zambaldi risponde così: “Mi piace proporre un teatro che nasca da percorsi di ricerca e approfondimento, ma anche dal confronto tra personalità artistiche differenti. Parlo di ricerca del testo, di ricerca di equilibri inediti tra diverse forme espressive. Tento di proporre un teatro che avvicini, anche attraverso l’unione di visioni, storie e linguaggi differenti. Mi piace il teatro che ama rischiare e non scandalizzare, che ricerca la poetica e non indugia esclusivamente sulla forma, il teatro che coinvolge lo spettatore”.
Sono premesse necessarie per comprendere quali siano i presupposti su cui si basano le produzioni del Teatro Stabile di Bolzano.
Ma si stava ragionando su uno spettacolo in particolare: “Tempo di Chet”.
“Come già spiegato, l’idea di uno spettacolo su Chet Baker mi frullava in testa da anni, è un personaggio che mi è sempre tornato addosso, perché mescola eccesso di talento e fragilità fino all’autolesionismo. Elementi che a mio avviso sono sufficienti a far scattare la scintilla del racconto teatrale. Così appena insediatomi sulla poltrona di direttore, l’ho inserito nella terna delle prime produzioni insieme al “Molière” di Paolo Rossi e a “Wonderland” della coppia Ciprì, Bollani”.
E qui entra in gioco tutto quel che abbiamo scritto fino ad ora: la sostenibilità economica di una produzione, l’unione di storie e linguaggi differenti, la fiducia e i rapporti di amicizia.
“Paolo Fresu faceva già parte del progetto, ma musica e teatro hanno approcci diversi. Un musicista non deve confrontarsi con un regista e con gli attori, non deve partecipare a prove di 40 giorni. Occorreva quindi decidere con attenzione il primo passo, ovvero a chi affidare il testo ed eventualmente anche la regia dello spettacolo. Ho pensato che la persona ideale fosse Leo Muscato che conoscevo da anni. Insieme avevamo lavorato a un progetto di scrittura a Rubiera e negli anni successivi era diventato un regista di grande successo, anche di opere liriche, quindi abituato a valorizzare gli aspetti musicali di uno spettacolo”.
Il passo successivo fu quello di fare incontrare Fresu e Muscato per vedere se la scintilla poteva attecchire. “Ha funzionato alla grande, si sono trovati e hanno costruito un rapporto di grande stima e rispetto reciproco. La prima volta ci siamo incontrati in un hotel della Chinatown di Milano. (segue)
Massimiliano Boschi