India, visita al Bare Foot college
Se si pensa alla rivoluzione Gandhiana e a cosa ne è rimasto, si può dire che il Bare Foot College sia una delle più grandi istituzioni che ha ripreso gli elementi di questa cultura,
ne ha fatto tesoro e li ha adattati ai tempi che corrono. La Ngo si estende in due campus immersi nel deserto Rajastano, nella zona a nord-ovest dell’India. Una visita è obbligatoria per chi crede che un modello di sviluppo diverso sia possibile. All’interno del complesso vi sono concentrate 14 attività sociali che possono essere replicate in quasi tutti i contesti dei paesi in via di sviluppo e in particolare nelle situazioni rurali che necessitano di una impronta sociale meno consumistica rispetto a quella occidentale.
Una delle attività, che più colpisce per il metodo innovativo, sono i laboratori riguardanti i sistemi fotovoltaici. Qui viene insegnato a donne provenienti da villaggi di tutto il mondo, analfabete, come costruire dei pannelli fotovoltaici. Pezzo per pezzo si insegna con la pratica e con la comunicazione non verbale. Si insegna a partire dal nulla e a creare energia per le proprie case, i propri villaggi, sparsi nel Sud America in Africa in India o altrove.
Si selezionano donne, spesso anziane, mamme o nonne, perchè? Perchè le donne creano la vita e sono più legate al luogo in cui vivono. Le donne diversamente dagli uomini non cercano di scappare delle campagne per andare a creare il proprio business nelle grandi metropoli, almeno così sostengono i responsabili del Bare Foot College. Da quarant’anni questa Ngo si occupa di combattere i problemi rurali come la conservazione dell’acqua piovana, istruzione e sviluppo delle economie locali.
All’interno del campus ci sono omeopatisti, un centro per le analisi delle acque e analisi mediche, agupunturisti, dentisti. Tutte le persone che svolgono queste attività erano in precedenza abitanti di villaggi limitrofi, semi analfabeti e istruiti da volontari che, non potendo comunicare in nessuna lingua comune, hanno trasmesso il loro sapere semplicemente mostrando il “come si fa”. Un passaggio di consegne orale che ha lasciato nel territorio persone in grado di svolgere delle mansioni utili alla comunità.
In particolare la storia del centro dentistico mi ha colpito. Una donna di circa 60 anni che parla solo il dialetto Rajastano, mi fa capire che una volontaria dal nome italiano “Cristina Gobbi” le ha insegnato tutto.
Cerco di farmi spiegare dove sia e lei mi mostra la sua foto con due date, capisco subito che non c’è più. Una targa commemorativa è fuori dallo studio dentistico a ricordarla.
Sono storie di persone che hanno dato tutto per una causa e che spesso non compaiono nei giornali, ma sono persone che ispirano e mostrano il lato più umano e disinteressato della condivisione. Se avete la fortuna di visitare il Rajastan forse una visita come questa potrebbe rivelarsi più interessanti di tanti freddi musei, perchè il sorriso di queste persone regala qualcosa che nessuna guida Lonley Planet potrà raccontarvi.
Nicolò Bortoletto
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