Il centro creativo di Jenin: un teatro e la sua libertà
Ne avevo tanto sentito parlare, e finalmente oggi sono riuscito a visitarlo. C’era in corso la proiezione di un film per bambini, e quindi abbiamo solo dato una sbirciata furtiva alla sala del teatro. Ci hanno poi accolto nei loro uffici, in un salone con una piccola biblioteca, e ci hanno mostrato dei filmati sui loro precedenti spettacoli e delle interviste agli studenti dei loro corsi di recitazione.
Il Teatro della Libertà è un’istituzione importante e molto riconosciuta qui a Jenin ed in tutta la Cisgiordania. Costruito nel 2006 all’interno del campo di rifugiati, produce e rappresenta opere teatrali, organizza proiezioni e attività culturali, e offre corsi di teatro professionale per i giovani palestinesi. In una cittadina conservatrice come Jenin, questo teatro è un’opportunità unica di arricchimento culturale, di aggregazione e di svago per molti ragazzi e ragazze.
La sua storia è un mélange di speranze, di successi e di tragedie. Negli anni ’90 un’attivista israeliana, Arna Mer-Khamis, si stabilì a Jenin e creò una prima struttura, lo Stone Theatre, con lo scopo di alleviare il traumatismo e le sofferenze psicologiche dei ragazzi del campo attraverso l’arte e il teatro. Purtroppo la seconda Intifada interruppe di netto questa esperienza. Il gruppo teatrale si disperse e la maggior parte dei giovani palestinesi che ne facevano parte si unì alla resistenza; qualcuno di loro venne ucciso o si fece saltare in aria come attentatore suicida. E il teatro venne demolito nel 2002 dall’esercito israeliano.
Nel 2006 Juliano Mer-Khamis, figlio di Arna, decise di rilanciare l’esperienza di sua madre e creò un nuovo teatro, il Teatro della Libertà appunto. Una nuova generazione di ragazzi e ragazze si iscrisse ai corsi di recitazione e iniziò a preparare dei nuovi spettacoli. E le attività del teatro sono cresciute e si sono sviluppate fino ai giorni nostri. Abbiamo incontrato un gruppetto di nuove leve proprio poco fa, in uno stanzino dietro le quinte. E in uno dei filmati abbiamo visto i volti di un gruppo di studenti degli anni passati, tutti adolescenti, e abbiamo ascoltato le loro voci.
Le ragazze parlavano soprattutto dei limiti imposti alle donne nella cultura tradizionale di Jenin, e dei controlli rigidi dei loro genitori sulla loro vita. Per loro partecipare al teatro è un’occasione per incontrarsi al di fuori di casa, senza il controllo della famiglia, e un’opportunità per esprimere liberamente le proprie idee e le proprie emozioni. I ragazzi invece ricordavano la generazione di attori precedente, consumata e distrutta nei fuochi della seconda Intifada. E uno di loro dichiarava con convinzione di aver capito, grazie alla sua esperienza nel teatro, che la resistenza culturale può essere più forte e più efficace della resistenza armata, ed è quindi la strategia migliore. Per me è un discorso molto incoraggiante…
Juliano Mer-Khamis però è morto ammazzato. L’ha ucciso un aggressore mascherato, il 4 aprile 2011, proprio di fronte al suo teatro. Non è stata fatta chiarezza né sul colpevole né sul mandante; certi accusano i servizi segreti israeliani dell’assassinio, compiuto per togliere di mezzo un personaggio scomodo per le sue attività a favore dei palestinesi; altri invece sospettano le organizzazioni islamiche palestinesi, molto forti a Jenin, alle quali i temi trattati negli spettacoli e la recitazione mista tra ragazzi e ragazze non sono mai andati molto a genio. Nella camera ardente, una sua grande foto e una semplice scritta in arabo: “Martire della libertà”.
Il Teatro della Libertà continua comunque le sue attività, e ha lanciato da un paio di mesi un nuovo spettacolo, Waiting for Godot, prodotto dopo la morte di Juliano. I corsi e le proiezioni, come abbiamo visto oggi, vanno avanti regolarmente. E la speranza dei gestori è di ricevere sempre l’appoggio di sostenitori e benefattori, e di continuare a espandere e ad arricchire il loro portafoglio di spettacoli e di attività.
Per più informazioni e foto, ovviamente, vai sul loro sito (in inglese).
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