I ghetti dei ricchi (ma anche no) ad Istanbul
Anne era molto meravigliata quando dal Texas venne a Istanbul per la prima volta, tre anni fa. Pensava che le gated cummunities, i quartieri residenziali ad accesso controllato, fossero un modo di vita tipicamente americano e non se le aspettava in Turchia. Un appartamento in una di queste residenze esclusive era invece quello che le offriva l’università privata per cui era venuta a lavorare. Il quartiere storico Fatih, anche se avvolto in una charmante atmosfera orientale non offre stardard di sicurezza consono per un’accademica, le avevano spiegato. Il quartiere di Etiler, con centri commerciali, metro, grattacieli è invece il futuro. La Turchia vive in favolosi anni di boom economico, con più dell’ 8% di crescita annua. Il benessere è tangibile nelle nuove torri di vetro e acciaio che sbucano come funghi tra le colline della metropoli, nelle shopping-mall di marmo lucido che vendono anche Ferrari. È tangibile, ma non è per tutti.
Dal suo nuovo appartamento in questa sitè -dal francese citè-città- così si chiamano in turco le gated communities Anne gode di una esclusiva vista sul Bosforo. Sul tetto del palazzo, al 25esimo piano, può fare il bagno in una piscina scoperta e prendere il sole indisturbata. Nel supermercato della lobby si trovano mostarda di Digione e Baileys, e ci sono pure un piccolo cinema e un piccolo parco giochi. Da non sottovalutare: nelle quattro palazzine che costituiscono il “Bogazici Evler”, le Case-Bosforo, non entrano sguardi estranei. Attorno all’area si erge un muro alto due piani con filo spinato e telecamere a circuito chiuso; all’ingresso 4-5 guardie private piantonano l’entrata.
Una città ideale, almeno così viene pubblicizzato nei manifesti tre per sei che vendono gli ultimi appartamenti rimasti: un ambiente ideale per crescere i figli con altre famiglie selezionate. Tutto il necessario senza neanche uscire dal complesso e, per tutto il resto, Istinye Park la Mall più grande di Istanbul è a solo 15 minuti di macchina. Ad Anne la cittadella non dispiace: sicuramente è pulita, e c’é quel verde e quella quiete che altrimenti in Istanbul è impossibile trovare, ma assomiglia troppo alla Sunshine City del film “The Truman Show”. Gli inquilini preferiscono parlare con il loro Smartphone anzichè fare due chiacchiere per le scale. La muraglia attorno alle “Case Bosforo” mostra a Anne la divisione sociale. Gli abitanti si ritirano con persone con lo stesso loro reddito e stile di vita e si creano una nuova città artificiale, dove la povertà resta fuori, così come la responsabilità sociale.
Al mattino una Mercedes dell’Università viene a prendere lei e gli altri colleghi sotto casa e li riporta la sera, senza che Anne abbia contatti con persone di altri quartieri. Anne si sente come se fosse ancora in Texas. Negli Stati Uniti le gated communities sono diffuse sin dagli anni ’70 e sono uno stile di vita scelto da più di 10 milioni di americani.
La gated community è un modo di abitare di incredibile successo non solo in Nordamerica: in Brasile si chiamano “condominio fechado (chiuso)”, in Argentina “barrios (quartieri) privados” in Sudafrica “Security Village” parole diverse per proteggere la stessa voglia di esclusivitá e omogeneità sociale e tenere fuori dalla porta la povertà del villaggio globale. Secondo la rivista “Tempo”, nel 2003 più di 70.000 istanbuloti abitavano in villaggi privati. Ma negli ultimi anni, da quando la vita dietro le mura sicure della sitè è una scelta anche della classe media, il numero è almeno raddoppiato.
Visto che tutto ha un prezzo, anche il panorama sul Bosforo, i residence per la nuova borghesia di Istanbul nascono in genere nella zona costiera periferica con vista sullo stretto che divide i due continenti, tra pascoli e paesini tradizionali. Ancora cinque anni fa c’erano campi dove adesso sorgono le mura delle ”Case Bosforo”. I contadini, che prima lavoravano la terra, lavorano adesso come guardiani o giardinieri nel nuovo ghetto per ricchi.
Un giorno Anne parla con le guardie private che piantonano il suo quartiere e scopre che abitano nel tradizionale quartiere lì accanto. Le guardie proteggono Anne dalle loro stesse famiglie, dai loro amici e vicini, cotruiscono una barriera tra il contatto, anche casuale, tra classi sociali. Anne non era venuta per conoscere quest’aspetto della Turchia. Un giorno fa le valigie e si trasferisce in un quartiere dove la voglia di creare una comunità è più forte della volontà di esclusione.
Alle Bogazici Evler la vita non cambia, i guardiani proteggono l’entrata, le loro mogli sistemano la mostarda di Digione e Baileys nei ripiani del supermercato.
Nicola Brocca