Hazihm, vivere facendo le pulizie nel camp militare
Herat, 12 settembre 2010
Un altro servizio di scorta quello di oggi: ho accompagnato una squadra di lavoratori addetti alle pulizie qui all’interno di “Camp Arena”. La squadra, sempre di sei persone, di buon’ora mi attendeva davanti all’ingresso, sono andato loro in contro e li ho accompagnati all’interno… Tra loro ho riconosciuto “Sandokan” che questa volta mi ha subito sorriso appena mi ha visto: anche lui si sarà ricordato di me… In un angolo di un container hanno ricavato dello spazio e lo hanno utilizzato come “spogliatoio”, tolti gli abiti larghi tipici, per indossare una “tutta blu”, per lavorare.
Ho conosciuto Hazihm-Mohammed e c’è stato subito un bel dialogo. Hazihm è un ragazzo di venticinque anni, vive ad Herat, ha moglie e una figlia di due anni.
“Sono sposato ma vivo ancora con i miei genitori che mi danno una mano, perché ancora non posso permettermi con mia moglie e mia figlia una casa tutta nostra. Guadagno 250 euro al mese, 100 mi bastano per vivere e 150 li conservo, lavoro qui da cinque anni, sto terminando gli studi, ho fatto un corso per imparare a parlare l’italiano: ad Herat si organizzano corsi di lingua italiana! Il mio sogno è quello di fare l’interprete…Spero di riuscirci e conto tanto anche sull’aiuto di voi italiani…” – Dice questo, strizzandomi un occhio e facendomi un sorriso.
Capisco che grazie all’aiuto di qualcuno di noi sta cercando in qualche modo di farsi strada…
“Anche mia moglie sta studiando – spiega. Una volta avevo un negozio e vendevamo pane in città, però con l’affitto da pagare non si guadagnava tanto…Così cinque anni fa ho scelto di venire a lavorare qui…Per lo meno è un lavoro più sicuro, anche se non è il massimo fare pulizie…”
Hahzim, con ramazza in mano parla di sé, mi dice quanto sia stato fortunato ad avere questa opportunità di lavoro e quanto sia impaziente a fare qualcosa per il suo Paese.
“Imparare le lingue è sempre stata la mia passione, conoscere le altre culture, imparare le usanze degli altri popoli per migliorare la nostra situazione…studiare per conoscere ed imparare…: questo è ciò che vorrei fare per l’Afghanistan, non andrò mai via da qui perché vorrei essere uno di “quelli” che vorrebbe cambiare le cose. E ecco perché non abbandonerò mai la mia terra… e farò l’interprete per “aiutare” i miei concittadini a conoscere meglio voi e viceversa cercare che anche voi ci conosciate meglio”.
Mentre parla osserva anche i suoi “colleghi”, sono più anziani di lui, mi spiega che è gente che ha vissuto e patito la fame a differenza sua che fortunatamente, avendo avuto una famiglia sempre presente e coi mezzi adeguati per dargli un’educazione, dice che vorrebbe mettersi al “loro servizio” per migliorare anche la loro situazione. Hahzim parla e svuota un bidone colmo di spazzatura, mi guarda sorridendo, mi fa qualche domanda: mi chiede se sono anche io sposato e se ho anche io figli, e come sia la vita da me in Italia. Senza troppa voglia e molto “distrattamente”, annuisco alla domanda sulla mia “condizione familiare“ e spiego che in Italia si “vive” anche se c’è crisi…. Poi lui, guardandomi negli occhi e quasi alla ricerca di una risposta “franca” mi chiede: “Secondo te, ci possono essere possibilità che l’Afghanistan riesca a migliorare la propria situazione?”
Non sono riuscito a dare risposta a questa domanda, non è stata una domanda “semplice”: gli ho solo detto che i “presupposti” secondo c’erano per portare il Paese verso la giusta direzione… Hazihm mi ha presentato Tahzin-Moahmmed, un uomo di quarantasei anni brizzolato con tre figli, due femmine e un maschio. Anche lui lavora qui da cinque anni.
“La primogenita ha undici anni e i più piccoli otto e sei…Sai che sanno già leggere e scrivere…” – lo dice con un grosso sorriso sulle labbra e con un atteggiamento di “fierezza”, qualcosa di straordinario e importante per lui…visto che fino a pochi anni fa sarebbe stato impossibile mandare i figli a scuola. Capisco che Hazihm sia analfabeta: entusiasmo comprensibile nei riguardi dei figli!
I sei della “squadra” rovistano tra la spazzatura, “raccattano” tutto ciò che possa essere “riciclato”, soprattutto le lattine in alluminio: “Le raccogliamo e le vendiamo ad alcuni artigiani, ogni quattro chili di alluminio, ci danno due dollari” – mi spiega Hazihm-Moahmmed, mentre con un piede schiaccia le lattine, mettendole in alcuni sacchetti di plastica.
Tra una pausa e l’altra fumano, bevono “rani”, chiacchierano…A fine giornata li ho riaccompagnati verso il loro “spogliatoio” dove hanno cambiato gli indumenti, poi pronti per andar via e tornarsene a casa, mi hanno salutato dirigendosi verso l’uscita.
QuattroGi