Guerra di principi
“Con chi hai combattuto questo round?” “Col ragazzo nero là in fondo.” “Vuoi dire il compare con la maglietta grigia?”. Anche gli allenatori di lotta a terra si conformano alla grande delicatezza inglese del politicamente corretto, secondo cui l’unica persona di colore all’interno della loro accademia si distingue dagli altri in virtù del proprio abbigliamento. Questo naturalmente finchè anche la varietà cromatica del vestiario non verrà vista come possibile fonte di discriminazione.
Eh, ma c’è tutta la storia della schiavitù, del razzismo, del bla bla bla. Ok, whatever, ho solo detto black. Nel paese in cui è illegale chiedere l’età di un candidato durante un colloquio di lavoro, immagina cosa possa mai smuovere la farsa del rispetto formale – perchè se uno ha cinquant’anni glielo leggi in faccia – e immagina il mio divertimento nell’assistere allo scontro titanico tra questo ed un altro pilastro della società britannica: l’alcol.
Rovente in questi giorni è infatti la polemica, dopo che l’università metropolitana interstellare di Londra ha deciso di chiudere i bar all’interno dei propri edifici, residenze incluse, atto doveroso di rispetto nei confronti della sostanziosa percentuale – uno su cinque – di astemi studenti islamici, pardon, diversamente credenti. Girano voci nell’underground giovanile che si stia addirittura organizzando un’improbabile manifestazione, anche se il rischio di esser bollati come razzisti potrebbe essere un disastro dal punto di vista politico.
Per ora ci si accontenta invece di bombardare i giornali con accorate lettere di protesta, in difesa dell’ancor più sostanziosa percentuale di studenti etilisti – tutti gli altri. Eh, questi studenti, c’han le idee confuse: son tempi di grandi contraddizioni. Come dice il giovane e avvinazzato cantautore di origini etiopi ch’ho conosciuto sabato scorso: “sai come ci si sente di ritorno da una miniera di diamanti?” “No, e tu nemmeno, mona.”
Davide Miozzi