Ghost town Varosha: l'ultimo muro d'Europa

Una vecchia pompa di benzina con l’insegna Petrolina, palazzi abbandonati che portano il segno di proiettili e colpi di cannone sparati quaranta anni fa,  un mulino a vento le cui pale girano azionando meccanismi che nessuno utilizza più, una gru immobile. Scatti dai bordi della storia, istantanee di una guerra dimenticata e scomoda nel cuore del Mediterraneo. A 100 chilometri dalla Siria, ai bordi dell’Unione europea.

Nella periferia di Famasgosta, tra Cipro e la parte nord dell’isola, occupata dalla Turchia nel 1974, area amministrata dall’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro Nord, sorge la città fantasma di Varosha. Si tratta del quartiere greco di Famagosta – la città cinta da mura veneziane, porto principale della costa est dell’isola – che venne abbandonato in fretta e furia dagli abitanti greci nell’agosto del 1974 all’avanzare delle truppe turche.

Da allora il quartiere, che rappresentava una delle maggiori mete turistiche degli anni Sessanta e Settanta, è stato chiuso con filo spinato e rete, viene sorvegliato dai militari, ed è formalmente vietato fotografarlo. I pochi testimoni che sono riusciti ad entrare accompagnati dalle truppe dell’Onu raccontano di una città in cui tutto è rimasto come allora: le vetrine dei negozi di abbigliamento, i concessionari di auto, le tavole apparecchiate delle case. Uno scenario da brividi ora regno di cani, topi e serpenti.

Una città in ostaggio della storia, perfetto simbolo dell’ultimo muro ancora esistente in Europa, quello che divide in due l’isola di Cipro. Varosha infatti – dopo quasi 40 anni – è ancora al centro della possibile trattativa per la riunificazione tra Cipro e Cipro Nord. Dopo il fallito referendum del 2004, quando i greco ciprioti rifiutarono il piano dell’Onu, i colloqui sono rimasti congelati: nel prossimo novembre dovrebbero ripartire le trattive. E Varosha, ancora una volta, è al centro dei colloqui: la sua restituzione da parte di Cipro Nord potrebbe infatti costituire il segnale di apertura tanto atteso per la ripresa del dialogo.

Ci accostiamo a Varosha arrivando da Sud, da Cipro: gli abitanti di Dherynia ancor oggi scrutano la loro vecchia città dai tetti grazie a binocoli. Il confine, che nessun segnale stradale indica (Cipro Nord formalmente non esiste: l’unico stato che lo riconosce è la Turchia), si passa agevolmente con un visto e dimostrando di aver pagato l’assicurazione speciale necessaria per procedere al nord. A Famagosta nulla indica il quartiere di Varosha (Maras in turco). Grazie alle indicazioni forniteci da altri viaggiatori individuiamo la zona  e procediamo a tentoni. Percorriamo il confine del quartiere scattando foto dall’auto in movimento, attenti a non farci vedere dai militari. Pochi per la verità.

Case, fabbriche, alberghi e chiese abbandonate, cartelli minacciosi, abbandono e incuria. Nessuno degli abitanti turchi di Famagosta sembra far seriamente più caso a tutto ciò: le luci spente e il silenzio che incombono durante la notte su una parte della città; i 40 anni di oblio sotto forma di cemento; la spiaggia interdetta. Tutto rimosso, sperando che nessuno fotografi, che nessuno racconti. Fino a quando la storia, prima o poi, si ricorderà dell’ultimo muro d’Europa da abbattare.

Luca Barbieri e Silvia Fabbi

(Viaggio a Cipro. 1, continua)

Foto di Sabah Kemal Cansu da Unsplash

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