Come si prepara una tragedia. I giorni precedenti al G8 sulla stampa italiana.

Questo articolo fa parte dello speciale A Nordest di Genova sui 20 anni delle giornate del luglio 2001. A Nordest Di che mette a disposizione questo spazio per ricordi, emozioni, fotografie, testimonianze che potete inviare, in qualsiasi forma, alla mail redazione@anordestdiche.com

Il G8 di Genova è ricordato principalmente per i tre giorni di scontri e, come mostrano i giornali dell’epoca, si trattò di una “guerriglia” annunciata e in qualche modo “preparata” grazie a una narrazione carica di paura e tensione. Quello di Genova era un evento che arrivava al culmine di un biennio di manifestazioni e di scontri, iniziato a Seattle nel novembre 1999 in concomitanza con la conferenza dell’organizzazione mondiale del commercio, proseguito con i tafferugli a Davos nel gennaio 2001 prima e a Napoli nel marzo 2001 poi per arrivare, infine, alle manifestazioni di Göteborg di giugno, con gli scontri in contrapposizione al Summit Europeo. Manifestazioni in cui la stampa mondiale iniziò a conoscere i Black Bloc e le loro tecniche di guerriglia urbana.

Nonostante questi avvenimenti avessero innalzato notevolmente la tensione, la sede per il G8 non venne cambiata dal governo italiano dell’epoca. La scelta di Genova come sede dell’incontro fu molto criticata soprattutto perché la città era ed è morfologicamente molto simile a Napoli, già teatro di scontri nei mesi precedenti.

La narrazione mediatica

Tornando alla vigilia del G8, tutti i principali quotidiani nazionali parteciparono alla costruzione di un’atmosfera pesante, una tensione crescente, alimentata dalla curiosità su che cosa avrebbe potuto succedere. Un clima creato attraverso la ripetizione di titoli richiamanti violenza, scontri e intimidazioni. I segnali di un potenziale disastro c’erano tutti: la scelta della sede, la decisione di “fortificare” la città e dividerla in zone, l’arrivo di reparti scelti della polizia. Operazioni che anche all’epoca sembravano anticipare una guerra, non un incontro fra potenti della Terra.

Scorrendo le pagine dei giornali nei giorni che precedettero il G8 si scoprono, infatti, numerosi titoli, articoli ed editoriali che si concentravano sul rischio di scontri. Si era iniziato con largo anticipo: il 20 maggio 2001 i giornali pubblicarono un’allerta dei servizi segreti sulla possibilità che i manifestanti si stessero organizzando per lanciare sangue infetto contro le forze dell’ordine.

Un’escalation di titoli ad effetto

Ma, la tensione crebbe in maniera esponenziale a partire dai primi di luglio. Il 2 luglio 2001, oltre due settimane prima dell’inizio delle manifestazioni, “La Stampa” titolava: «G8: commercianti assediati. A venti giorni dal vertice si blindano i palazzi della zona rossa».

Questi alcuni dei titoli de “La Stampa” dei giorni successivi (abbiamo scelto il quotidiano torinese per facilità di consultazione dell’archivio):
3 luglio: «G8, già a Genova i primi 500 poliziotti»;
4 luglio: «G8, le tute bianche: violeremo la zona proibita»;
10 luglio: «G8: minacce e allarmi, tensione a Genova. Telefonata a nome delle Br, falsa autobomba, “assalto” ai treni».
12 luglio: «A Genova anche esperti di armi batteriologiche».

Questo l’attacco dell’articolo: «Qui a Genova si parte dai missili e si arriva alla guerra batteriologica. Per il G8 della settimana prossima è stato previsto di tutto e di più. Manca solo l’ipotesi di una bomba atomica e poi il quadro delle emergenze è completato. Il ministero della Difesa ha schierato 2700 uomini delle tre Armi: 1500 soldati dell’esercito, 800 uomini della Marina, 400 dell’Aeronautica. Polizia e Carabinieri hanno ricevuto complessivamente 10 mila unità di rinforzo, mentre alla spicciolata stanno arrivando i rappresentanti delle polizie straniere che in una sala allestita appositamente nella Questura controlleranno via monitor i movimenti dei contestatori dei loro paesi. Poi ci sono i reparti della Guardia di Finanza, quelli della polizia penitenziaria e perfino gli uomini della Forestale».

Un clima di attesa e tensione che raggiunse l’apice il tra il 17 e il 19 luglio, quando tutte le principali testate descrissero Genova come una città in preda al terrore: «Genova, scatta un allarme ogni ora: “Sembra di vivere in un film”», così titola un articolo del Corriere della Sera del 17 luglio, mentre nei giorni successivi si susseguono notizie di continui allarmi bomba che portano alla stesura di titoli eloquenti come «Vigilia di bombe per il vertice di Genova» su La Stampa, «Bombe a catena in tutta Italia» sul Corriere.

Bombe e perquisizioni: la tensione sale

La psicosi per gli attacchi bomba fu causata dalla spedizione di alcuni pacchi esplosivi e lettere incendiarie recapitati in giro per l’Italia che ferirono un carabiniere in una caserma a Genova e la segretaria del giornalista Emilio Fede. In seguito a questi avvenimenti, come riportato da Repubblica il 17 luglio, vennero messe in atto una serie di perquisizioni nei centri sociali delle città italiane: «Circoli anarchici, terrorismo internazionale, terrorismo italiano, centri sociali: le indagini sul pacco bomba esploso ieri in una stazione dei carabinieri a Genova proseguono in tutte le direzioni. In mattinata sono stati perquisite sedi del movimento a Padova, Napoli, Firenze e pure a Genova. Anche questa mattina gli investigatori del Ris di Parma hanno compiuto rilievi dentro la stazione dei carabinieri di San Fruttuoso, devastata dallo scoppio. L’unico dato certo è che l’ordigno è stato fabbricato con una quantità ridotta di esplosivo ad alto potenziale. La busta-bomba è stata inviata per posta dal centro-sud. La pista considerata più interessante quella degli anarco-insurrezionalisti, vista la similitudine dell’attentato con altri episodi attribuiti a questa area. Tuttavia, i carabinieri stanno compiendo accertamenti anche su gruppi terroristici stranieri, in particolare gli estremisti islamici e gli indipendentisti baschi».

Intenzionalmente o meno, venne messa in atto una strategia del terrore che lasciò il segno nell’animo del Paese. A Genova l’aria non fu di semplice protesta contro la globalizzazione, ma la viglia di una possibile guerra. I risultati furono conseguenti. “Diario della Settimana” del 10 agosto 2001 riportò l’emblematica testimonianza di un poliziotto impegnato a Genova: «La tensione tra noi era alle stelle: per tutta la settimana precedente ci avevano detto che i manifestanti avrebbero avuto pistole, che ci avrebbero tirato sangue infetto e biglie all’acido…».

Mario Placanica, passato alla storia come il poliziotto che sparò a Carlo Giuliani, in un’intervista per “Calabria Ora” del novembre 2006, riferendosi ai giorni che precedettero il G8 e la preparazione dei corpi di polizia all’evento, disse: «C’era una tensione indescrivibile, eravamo stanchi. Le operazioni di sistemazione sono state lunghe e snervanti. I superiori gridavano sempre e ci dicevano che le situazioni sarebbero state un po’ particolari, non come semplice ordine pubblico ma qualcosa di più… Ci dicevano di stare attenti, ci raccontavano che ci avrebbero tirato le sacche di sangue infetto. Ci dicevano di attacchi terroristici. La sensazione era come se dovessimo andare in guerra…».
Tanto tuonò che piovve.

Sebastiano Borgato

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