Free Ai Weiwei (tweet from Bregenz)
Ai Weiwei è tornato a parlare. Lo ha fatto attraverso Twitter, giusto un cinguettio, stretto com’è nei suoi arresti domiciliari. Ne parla l’ultimo post del blog di Amnesty International su corriere.it.
L’altro giorno ero a Bregenz, località austriaca del Vorarlberg affacciata sul Bodensee, famosa per il Festspiele che ha come scenario proprio le acque del lago di Costanza e quest’anno porta in scena l’Andrée Chenier.
Ma questa estate un altro evento rende famosa questa cittadina, proprio una mostra dei progetti di Ai Weiwei. Non è difficile arrivarci, basta seguire l’enorme scritta che campeggia sopra il Kub, il Kunsthaus Bregenz, un cubo di cemento rivestito di vetro che ospita mostre temporanee di arte moderna.
Ma non è questo l’unico grido che la cittadina (con notevole tempismo e senso del marketing) sta lanciando al mondo attraverso i suoi visitatori. Tutti i muri della città infatti sono ricoperti di manifesti che chiedono l’immediata e completa liberazione dell’architetto-artista famoso soprattutto per lo stadio a “nido d’uccello” simbolo delle olimpiadi di Pechino.
Non solo. All’entrata del museo sono in vendita shopping bag rosse con la scritta “Free Ai Weiwei” esattamente come quelle comparse alla Biennale di Venezia. Per fortuna la mostra, pur non molto ricca, restituisce in parte quello che sta diventando un marchio globale di libertà alla sua dimensione naturale, l’architettura.
All’ultimo piano, in particolare, sono esposti cento progetti che Ai Weiwei sta realizzando con studi d’architettura di tutto il mondo: Stati Uniti, Germania, Svizzera, SudAfrica, Giappone….. Alcuni molto interessanti per il tentativo di rimettere in collegamento l’uomo con la natura. Li ho scorsi tutti e cento, ma non c’è nemmeno uno studio di architettura italiano.
Lub