Festa della Croce Rossa, pensando ai volontari morti in Siria
La prima “uscita” della Croce Rossa italiana per la battaglia di Custoza della terza guerra d’indipendenza, ed era il 1966. Ma gli “angeli” del soccorso erano stati fondati due anni prima, nel 1864, anno in cui fu sottoscritta la convenzione di Ginevra. Fatto sta che quel simbolo ormai è riconosciuto, a prima vista, in tutto il mondo. Oggi, 8 maggio, è la giornata mondiale della Croce Rossa e si festeggia anche qui in Italia.
La dedica è per i 19 volontari della mezzaluna rossa siriana uccisi durante i combattimenti nel loro Paese durante il conflitto. Ennesima conferma, e non vorremmo averne più, che si tratta di persone pronte a sacrificare la loro vita per salvare quella degli altri.
Ecco l’intervento del presidente della Cri Italiana, Francesco Rocca.
“Questa giornata è l’occasione per saldare quell’unità di intenti indispensabile per costruire la struttura della Croce Rossa che verrà. Se riusciamo a lavorare insieme, volontari e dipendenti, per un fine comune adesso, il futuro ci riserverà le soddisfazioni che meritiamo.
In questa importante occasione voglio rivolgere il mio pensiero all’assurda tragedia e al dramma umanitario che si sta consumando in Siria, alla popolazione siriana che da più di due anni vive quotidianamente in mezzo ai combattimenti e con il rumore continuo dei bombardamenti e ai milioni di sfollati interni e ai profughi esterni che nel silenzio generale continuano a vivere in condizioni disastrose. In particolare, voglio esprimere tutta la mia vicinanza ai volontari impegnati in quell’area. Vorrei ricordare, soprattutto, il sacrificio ingiusto e immenso di 19 giovani volontari della Mezzaluna Rossa Siriana che hanno trovato la morte mentre prestavano soccorso ai feriti in Siria nei due anni del conflitto. Per l’ennesima volta rivolgo il mio appello alle Istituzioni nazionali e alla Comunità internazionale perché si ribadisca l’importanza che tutte le parti in conflitto rispettino il ruolo dei soccorritori e l’emblema di protezione e perché finalmente sia dia spazio alla diplomazia e agli aiuti umanitari e non alle armi”.