“I mille” della ferrovia di Yunnanfu tra Cina e Vietnam
Al giorno d’oggi il panorama europeo può solo ammirare il continente asiatico per la realizzazione di opere pubbliche grandiose e funzionali in breve tempo, ma all’inizio del Novecento, in pieno colonialismo, furono gli europei a progettare e realizzare uno dei più grandi, ma meno conosciuti, progetti ferroviari del mondo, proprio in Asia.
A cavallo fra gli ultimi anni dell’800 e i primi del’900, infatti, dietro ordine di Paul Doumer, allora governatore dell’Indocina Francese, alcuni ingegneri europei furono incaricati di portare a termine una sfida apparentemente impossibile: realizzare una ferrovia che collegasse la città di Yunnanfu, capitale della provincia cinese dello Yunnan, ad Hanoi capitale dell’Indocina francese, e al porto di Haiphong.
Un progetto destinato a favorire il commercio, che avrebbe facilitato la diffusione nel mercato cinese delle merci francesi. Il territorio su cui effettuare i lavori, però, era particolarmente complicato da affrontare in quanto attraversava le tortuose montagne cinesi e le tipiche foreste vietnamite: bisognava farsi largo tra le piante, vincere la malaria e reclutare migliaia di manovali.
Una linea ferroviaria progettata dai francesi, costruita dagli italiani
Finanziata interamente dal governo francese, al notevole costo di 244 milioni di franchi, la ferrovia fu in gran parte, specie nei tratti richiedenti particolare abilità tecnica (come nelle gallerie, nei ponti, nei terrazzamenti in muratura) realizzata da italiani assunti in qualità di impresari, sorveglianti, tecnici, operai specializzati. Su circa duemila europei variamente impiegati, ben mille erano nostri connazionali, in maggior parte piemontesi, delle province di Torino, Novara, Vercelli, in minor numero provenienti da Lombardia e Veneto.
I lavori di costruzione iniziarono nel 1901 e terminarono nel 1910. Tuttavia la realizzazione dell’opera non fu indolore: morino all’incirca 12 mila uomini durante i lavori in seguito a malattie e mancanza di sicurezza sul lavoro. Circa 70 dei lavoratori italiani impiegati non fece mai ritorno a casa, ma il loro sacrificio non fu ripagato in quanto la società ferroviaria che li assunse non risarcì mai le famiglie i figli di questi uomini, come ha scritto G.Capra nel suo libro «La ferrovia di Yunnanfu tra la Cina e il Tonchino»: «I nostri connazionali, oltre che più abili e resistenti al lavoro, erano più ardimentosi e onesti degli indigeni, epperciò godevano molta stima ed erano preferiti dai dirigenti; ma non avendo molto riguardo alla propria salute venivano più facilmente assaliti dalla febbre e da altri mali, il che spiega come il sette per cento di essi abbia lasciato la vita sul posto, senza purtroppo che la Società ferroviaria abbia pensato alle vedove e agli orfani di quelli sventurati»
Un ponte della ferrovia da “F. A. Talbot, The Railway Conquest of the World. (London: William Heinemann, 1911)” (via Wikipedia)
La ferrovia di Yunnanfu in epoca moderna
Con il passare del tempo, e delle guerre, il treno di Yunnan è diventato via via un mito. Verso la fine del ventesimo secolo, dopo un periodo di interruzione di oltre vent’anni, la linea Haiphong-Kunming fu riaperta diventando una tratta incredibile per attraversare il cuore della Asia.
Nel marzo 2014, la stazione ferroviaria di Kunming è stata teatro di un attentato attribuito a una cellula estremista di etnia uigura. Un’azione condotta con armi bianche che costò la vita a circa 30 persone. Tale attacco e quello avvenuto a Pechino nello stesso anno convinsero il governo cinese a rafforzare la campagna antiterrorismo nel Xinjiang.
Sebastiano Borgato
Nell’immagine di apertura una stazione della vecchia linea ferroviaria di Yunnanfu (da Wikipedia)