Dubai ti ho trovata (2° puntata)
E arriva sera,
Dubai la sera può offrire diverse cose da fare, tutte sono incentrate sul commercio o sul lusso. I centri commerciali non chiudono prima delle 23, i ristoranti sono aperti fino a tardi e colgono qualsiasi occasione. Molti alberghi sono farciti di locali modaioli, come il Buddha Bar. Ma se per caso cerchi qualcosa di diverso, una passeggiata romantica, un tête-à-tête con il tuo sogno, c’è la possibilità di far visita alla città vecchia, Bastakia. Vedere le sue tipiche costruzioni arabe e i suoi frequentissimi e ravvicinati negozietti.
Il Souk dell’oro, delle spezie. Le guide turistiche ti aiutano raccontandoti di posti di tal rumorosa e profumata meraviglia. Ma la realtà ovviamente è altra cosa. La delusione è purtroppo grande, non vi aspettereste mica di trovare davvero una vecchia città a Dubai? No, vero, infatti di vecchio non c’è niente. La vecchia città è un restauro cosi ben riuscito che ha perso tutto il suo fascino antico. E infatti scendo dal taxi, guardo un po’ stupito il tassista e gli chiedo nuovamente dove sia la città vecchia. Lui mi risponde che devo solo guardare, è là, davanti ai miei occhi. Ok dico, andiamo a vedere. Subito, l’insieme delle costruzioni non si presenta molto bene, è come entrare in un museo, sai già che tutto quello che vedrai non c’è più. Un museo molto curato e ben pulito. Troppo. Il souk che dovrebbe esserci non c’è, si c’è, ma le sue strette viette sono ad uso e consumo solo dei turisti che, affamati di preziosi ricordi, si gettano tra le braccia di venditori molto diplomatici. Gli inquilini della vecchia città certamente non vi abitano e certamente non vi fanno shopping.
Così, dopo aver gironzolato per una mezzora, me ne vado un po’ deluso e con la nascente convinzione che forse in questa città quello che colpisce e merita di essere visto non è certamente la sua storia ma l’evoluzione del presente e la forza con cui si sta lanciando in avanti nel futuro. Lo spettacolo del moderno a tutti i costi e del bello per forza, quello mi lascia a bocca aperta. Certamente non un artificiale restauro di un vecchio quartiere aggiornato in edizione buona solo per far spendere un po’ di soldi.
La stessa spiacevole scoperta avviene alla visita di un altro luogo molto reclamizzato, il souk di Madinat. Anche qui ovviamente ci si giunge in taxi. Scendi, schivi qualche autobus carico di turisti e sali al primo piano su per una piccola scalinata. Un moderno antichizzato centro commerciale ti accoglie con i suoi tre piani bene organizzati. Corridoi e stretti passaggi. Urbanisticamente l’interno ricorda viette colme di botteghe e infatti si vende di tutto, dalle chincaglierie all’oro. Ma manca quel profumo di vecchio, il caos, l’anarchia delle voci del mercato che si sovrappongono e ti guidano, manca quel meraviglioso senso di leggerezza capace di rapirti per ore. Ma non mancano i ristoranti e i bar, si passa dalla pasticceria francese al ristorante “da Franco” in stile italian super lusso. Scali da un piano all’altro con la speranza di ritrovare ciò che ti aspettavi ma ti accorgi che sei nell’unico souk dove non vieni aggredito dai commercianti, sei in un normalissimo centro commerciale. E allora chiamiamolo semplicemente con il suo nome.
E’ vero, cedo alla tentazione e il mio lato critico prende il sopravvento e si lascia andare ad opinioni poco positive. Non che mi aspettassi altro, ma un po’ forse ci speravo. Quando sento la parola souk mi viene una strana vertigine e mi coglie la voglia di infilarmici dentro e vivere con forza il suo caos.
Ho capito, ho deciso, è colpa mia, ancora un volta mi sono fatto ingannare dal mio romanticissimo senso del viaggio. Pare che l’unica soluzione sia strappare le pagine della guida con la parola “antico”, “tradizionale” e mantenere solo la parte che parla del “moderno” e dello “spettacolare”. Questo non è un posto normale. Qui non si incontra il passato. Qui è il presente che ti presenta il passato. Il vecchio è morto e lo si ricorda come si fa per i personaggi famosi, con una bella statua di cera dentro un museo. Ma io non mi voglio rassegnare, sono convinto che Dubai debba essere anche qualcos’altro. Quindi, da inguaribile ottimista quale sono, mi ritrovo nuovamente immerso nella spasmodica ricerca di questo altro! Non voglio credere che Dubai sia solo ora, oggi, domani e non anche ieri!
Esco pieno di rimorsi per il tempo perso, niente taxi in vista, mi suona strano. Ok, non mi scoraggio e comincio a camminare per le vie. E mi ritrovo in una insolita situazione. Le strade si sono ristrette, una o due corsie per senso di marcia, semafori, incroci pedonali, stop. Auto a misura umana, si vedono addirittura delle utilitarie. Zero Porsche, zero ultimo modello extra lusso della Rolls Royce con vernice nero opaca ruvida.
Ma quale posto è questo? Eccola, forse l’ho trovata finalmente la nuova, non è la nuova, cioè si, ma no, voglio dire è la vecchia, no, la parola giusta è “la città”. La normale città moderna araba, un po’ vecchia, un po’ nuova. Normale. Mi sento sollevato!
Adesso il viaggio può riprende il suo corso e quasi mi passa quella brutta sensazione che mi aveva colto all’interno del finto souk. Bene, sento che non è stato tutto tempo perso.
E’ sera, ma tutti sono super attivi, indaffarati, i negozi sono aperti, vie interamente illuminate dalle insegne commerciali, luce anche di notte. Cammino con la mia macchina fotografica al collo, per strada la gente un po’ mi guarda stupita, immagino che i turisti non vengano spesso qui. Passo davanti ad un supermercato, entro, sono curioso di vedere cosa si vende, impaziente mi infilo tra le sue corsie. Sugli scaffali scopro normali prodotti per la casa, alimentari, latte, snack, piccola bigiotteria, qualche vestito a basso costo. Il basso costo anche a Dubai? E’ tutto vero.
Passo per una via interamente occupata da negozietti di componenti per computer. Vengono continuamente scaricate da furgoncini, simili ai nostri Fiat Ducato, pacchi e pacchetti contenenti ogni tipo di merce.
Un’altra via è dedicata alla vendita di catene, catenine e monili in oro, di buonissima fattura, così sembra. Mi fermo davanti ad una gioielleria, dall’interno mi vedono straniero ed interessato, esce un uomo indiano di mezza età che mi rivolge la parola. Entrambi facciamo le lodi del gioiello esposto, mi dice che è stato fatto in Italia, a Firenze. Allora io rispondo in italiano, lui ride e mi propone un buon prezzo.
Continuo la mia emozionante passeggiata. Un tipo strano mi approccia e con aria un po’ malavitosa, mi propone un rolex sottocosto; niente da fare. Lo capisce subito. Passa una macchina della polizia e con fare indifferente e camaleontico l’uomo si appoggia nuovamente con la spalla al suo angolo di strada. Accelero il passo, rallento, osservo, scatto qualche immagine senza dare importanza all’azione.
Riguardo le foto sul display della macchina fotografica, voglio assicurarmi di non aver commesso errori, osservo le immagini appena scattate. Non sono convinto, hanno qualcosa di strano, non riesco a capire le sensazioni che mi danno, sono perplesso. Spengo il monitor, scivolo di strada in strada, guardo i volti delle persone, scruto i loro atteggiamenti. Questa volta non faccio foto, mi limito ad osservare. Quella stonata sensazione non mi molla, penso di aver sbagliato qualcosa e allora, arrivato in un punto ben illuminato da un’insegna luminosa, riaccendo il display della macchina fotografica e scorro con impazienza gli ultimi scatti.
Ora le immagini mi trasmettono uno strano senso di famigliarità e di conosciuto. E capisco: ecco cos’era che non andava, no anzi, che andava benissimo. Le fotografie erano così in contrasto con quelle scattate nella nuova Dubai da sembrarmi sbagliate.
E mi rendo conto che riconosco le facce delle persone. Ma sì, mi accorgo che sono le stesse persone e le stesse facce che vedo nella città nuova, nei bar, nei ristoranti, negli hotel, nei parcheggi, per la strada a raccogliere i rifiuti, guidare i taxi, fare il caffè, sistemare la mia camera d’albergo.
Sono loro, che sollievo.
Dubai ti ho trovata!
Nicola Fossella
Dubai, prima puntata