Dal Marocco al vecchio continente, Alterrative in Spagna e Portogallo
Cinque continenti, 22 paesi, 266 giorni per un giro del mondo dalle modalità un po’ alternative. Anzi, Alterrative: questo è il nome del progetto che porterà Stefano Battain e Daniela Biocca a scoprire e toccare con mano organizzazioni impegnate nella difesa del diritto alla terra e all’accesso alle risorse e la difesa dei diritti delle donne. Teto e Bobiù, come li chiamano gli amici, hanno già una loro storia da raccontare: si sono conosciuti da cooperanti, in Tanzania, e proprio da quelle latitudini è nato un amore sfociato poi in un matrimonio. Interessi comuni e tanta curiosità, voglia di toccare con mano realtà disparate e interessanti nel pianeta. Ecco quindi che nasce l’idea del loro giro del mondo. Ecco la terza tappa: la Spagna e il Portogallo. E qui puoi trovare il resoconto e la fotogallery della prima, Tunisi, del passaggio in Marocco e il sito del progetto.
Il giorno di Pasqua l’abbiamo passato fra due continenti, Africa ed Europa, dopo una breve ma interessante visita in Marocco, che lasciamo con voglia di ritornarci. Da viaggiatori, seguiamo il percorso che tanti migranti, disperati e con la sola voglia di trovare un posto dove vivere in pace, percorrono ogni giorno per tentare l’assalto alla fortezza Europa che non li vuole. L’ Europa, da sogno, spesso si trasforma in incubo, molti infatti non toccheranno mai il suolo europeo ma affonderanno nelle fredde acque del Mediterraneo. Noi però, con passaporto europeo, ci presentiamo al traghetto di Tangeri e dopo un inconsistente controllo sicurezza saliamo a bordo di un enorme traghetto lungo un centinaio di metri e dotato di bar, ristoranti e tutti i possibili servizi necessari per la lunga ed estenuante attraversata dello stretto di Gibilterra: 30 minuti per un totale di 40 euro a testa, un costo inspiegabile, come è inspiegabile il lusso, i servizi e il costo degli stessi (rigorosamente in euro, perché i dirham marocchini non sono accettati) presenti a bordo delle navi.
La tristezza del pensiero di quante persone provano ad attraversare quello stretto di mare e non ce la fanno si mescola con l’emozione di vedere l’Africa che si allontana e l’Europa che si avvicina, a pochi chilometri l’una dall’altra, così vicine ma anche così lontane, sotto molti punti di vista. Sotto di noi a poche decine di metri dallo scafo della nave alcuni delfini fanno capolino, tagliando la superficie dell’acqua con le loro agili pinne, più in là, lente, maestose e potenti si muovono le balene, un indimenticabile arrivederci alle coste africane ed un gradito benvenuto a quelle europee. Sbarchiamo a Tarifa, sponda spagnola, dove col fiatone prendiamo l’autobus per Siviglia, riusciamo ad arrivare nella capitale dell’Andalusia verso sera, giusto in tempo per mollare i bagagli nella nostra minuscola camera trovata su AirBnB e uscire per una rapida cena a base di tapas e una sana birra fresca. Il giorno dopo siamo di nuovo sulla strada verso Marinaleda, un paese rurale di 2,700 abitanti nell’ Andalusia orientale, famoso perché’ dal 1979 è governato da un’amministrazione comunale di estrema sinistra. In preparazione a questa visita avevamo letto vari articoli in internet che descrivevano Marinaleda come un’isola fuori dalla realtà dove si erano realizzate alcune idee “utopiche” socialiste e comuniste. Scopriremo che la realtà è assai diversa, più complessa ma anche più “normale” di come viene descritta sui mezzi di comunicazione – presto un articolo interamente dedicato a Marinaleda. Dopo la visita a Marinaleda abbiamo fatto ritorno a Siviglia scoprendo una città verde, storicamente molto interessante e molto piacevole, trascorrendo le nostre giornate e visitare il centro storico, con i suoi vicoli stretti, la cattedrale e camminando lungo il Guadalquivir che con le sue acque supporta la fiorente agricoltura andalusa. Grazie a Gas, il mio amico di Canale trasferitosi a Siviglia oltre 10 anni fa, scopriamo anche il quartiere di Triana con il suo colorato e vivace mercato dove si vende frutta, verdura, formaggi e molti prodotti tipici, fra cui la carne di toro che viene ucciso durante la corrida, tristemente. Dopo un rapido pranzo con Gas, la moglie Beatriz, il figlio Alessandro e la piccola Ylenia rincorriamo l’autobus per Lisbona, che riusciamo a prendere praticamente al volo.
I giorni a Lisbona sono dei giorni soleggiati di aprile, le strade della capitale portoghese sono punteggiate di turisti, viaggiatori ma anche di bancarelle di venditori, artisti di strada, mendicanti comuni e spacciatori professionisti che offrono marijuana e hashish in pieno centro facendoti vedere il pacchettino in offerta, tranquillamente, alla luce del sole. Passeggiamo molto scoprendo la città, i suoi punti panoramici, i suoi parchi ma anche assaggiando i sapori di questa terra affacciata sull’ Atlantico: dai deliziosi pasteis de nada comprati alla antica pasticceria di Belem, appena fuori Lisbona, al superbo tortino al cioccolato del panoramico ristorante Lost in Esplanada. Oltre a camminare ci muoviamo moltissimo in metropolitana, facile da usare ed economica, spingendoci anche in posti meno conosciuti della città come la cittadella dell’EXPO 1998, sicuramente lontana dai fasti di 17 anni fa ma tutto sommato una piacevole passeggiata lungo la foce del fiume Tejo (Tago in italiano) prima che si getti nell’ Oceano.
Salutiamo Lisbona in un caldo pomeriggio di sole, all’ombra del monumento ai padri delle scoperte, un’opera dedicata ai protagonisti portoghesi delle grandi spedizioni di esplorazione del XV e XVI secolo, fra cui il principe Enrico il Navigatore, Vasco da Gama e Ferdinando Magellano. Il monumento non ci piace, anche considerati i risultati di quelle esplorazioni che portarono allo sterminio di milioni di indigeni e al saccheggio sistematico delle risorse minerarie e naturali di immensi territori di America, Asia e Africa. Preferiamo goderci il panorama e osservare gli eleganti gabbiani che volano sulle onde dell’Oceano Atlantico, come faremo noi, dopo poche ore, destinazione: S.Francisco.
Stefano e Daniela