Il partigiano di Piazza Martiri

Esce in libreria “Il Partigiano di Piazza dei Martiri. Storia del siciliano che combatté i nazisti e finì appeso a un lampione” di Enzo Barnabà (Infinito edizioni pag. 192 – € 13), In vista del tour veneto di presentazioni pubblichiamo l’introduzione di Luca Barbieri.

– sabato 16 marzo, BELLUNO, presso ITIS, piazza Piloni, ore 18,00. Partecipa Mario Neri;
– domenica 17 marzo, PERAROLO DI CADORE (BL), presso la biblioteca comunale, ore 10,30;
– lunedì 18 marzo, FELTRE (BL), presso la Sala Lettura, Polo bibliotecario Feltrino, piazza Maggiore, salita Nicolò Ramponi, ore 18,00. Con Giovanni Perenzin;
– martedì 20 marzo, LENTIAI (BL), presso la Soms Felice Cavallotti, via Mentana 1, ore 18,00. Con Alfonso Lentini;
– giovedì 21 marzo, MESTRE, presso la libreria Ulisse&co, via Querini 12/b, ore 18,00;
– venerdì 22 marzo, PADOVA, presso il Palazzo Moroni, Sala degli Anziani, ore 17,45.

“Il partigiano di Piazza Martiri” di Enzo Barnabà è un romanzo vero. Anche nelle sue parti inventate. Sa di vita, passioni, quotidianità, storia. Quella con la s minuscola, quotidiana e profonda, che ci sfiora ogni giorno anche senza che ce ne accorgiamo. Quando passeggiamo nelle nostre città, leggiamo distrattamente una targa, sorseggiamo l’aperitivo in una piazza, inconsapevoli ormai delle vicende che quel luogo ha ospitato, delle voci e delle immagini intrappolate nelle pietre dei palazzi. Senza retorica “Il partigiano di Piazza Martiri” ci conduce per mano dentro la Resistenza, nelle vite – a volte statuarie, a volte incoerenti, vere, e proprio per questo formidabili – di persone che scelsero di essere veri patrioti, di ricostruire un’Italia che il fascismo aveva prima illuso e poi mandato al massacro. Lo fa con leggerezza e gravità, com’è la vita. Un po’ a tradimento anche, facendo credere al lettore  di star seguendo soltanto il travaglio interiore (e le peripezie sentimentali) di un protagonista alla ricerca del proprio padre.

Ma poi è lì che si arriva. E “Il partigiano di Piazza Martiri” non tace nulla: la barbarie nazi-fascista, le torture, le lotte fratricide che portarono  tanti ex partigiani – andati in Jugoslavia per costruire il socialismo – nel lager di Goli Otok, le persecuzioni che portarono tanti altri ad espatriare, i piccoli opportunismi  che ogni guerra porta in seno. Ma inserendo il tutto nel contesto di un tempo irripetibile, in cui si stava da una parte o dall’altra, o semplicemente non si stava. Un tempo che diede vita a una generazione per la quale l’utopia divenne pane e orizzonte quotidiano. E poco importa se, “come l’orizzonte, l’utopia è irraggiungibile”.

E’ la nostra storia. Da Milano a Dubrovnik, dalla Sicilia a Roma, dalla Carnia alle Dolomiti. Per finire sui lampioni di Piazza Martiri a Belluno. Quella in cui uno dei capi della Resistenza, le cui fila in montagna si ingrossavano di giovani smossi dall’appello di Concetto Marchesi all’Università di Padova,  aveva il volto di un ragazzo siciliano. Quando venne la sua ora, raccontano le cronache, venne avanti con passo fermo, con la testa alta, serio e deciso”. Era convinto che la Resistenza fosse la prosecuzione del Risorgimento, una tappa fondamentale per la rinascita del suo e del nostro Paese.  Quello che chiamiamo Italia.

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