Parole contro e smentite. Il gran passo indietro di Contarello per un 7 aprile che non passa mai
Il magistrato Pietro Calogero? Mai stato in via Beato Pellegrino, nella storica sede del Pci a Padova. A dirlo è lo sceneggiatore e scrittore Umberto Contarello. Ma per questa storia Contarello è più semplicemente l’ex segretario Fgci. Una retromarcia clamorosa, sempre via social network. Là dove lo scorso maggio l’ex esponente Pci aveva attaccato, rivelando le frequentazioni – a suo dire – di Calogero nella sede del Pci. Un’accusa pesante, anche perché andava a certificare, da parte di un testimone oculare, quanto in città si va mormorando da ormai 39 anni: che gli arresti del 7 aprile 1979 fossero frutto di una strategia concordata fra Calogero e i vertici del Pci. Non vi sembri strano parlare di fatti che sembrano lontani: è una ferita non rimarginata che ancora divide la città.
Ecco il testo del post di Contarello.
Ho ricevuto, con sgomento e stupore, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari originate da una querela del Dott. Calogero per diffamazione, fondata sulla radicale negazione della veridicità di due fatti, da me evocati in forma di ricordo, inerenti al periodo in cui si svolse il processo 7 Aprile del 1979 e al piccolo ruolo che ebbi allora in qualità di parte lesa e testimone.Allora avevo 21 anni, ricoprivo il ruolo di segretario degli studenti medi della federazione comunista di Padova ed ero stato vittima di una feroce e traumatica aggressione da parte di Autonomia Operaia, a quel tempo nemico giurato della libera espressione democratica, in particolare di ogni forma di attività pubblica del Partito Comunista Italiano. Il primo dei ricordi citati evocò un incontro con il Dott. Calogero, allora Pubblico Ministero, nei locali della Federazione comunista indirizzato a informarsi e prepararmi psicologicamente (senza alcuna forzatura della realtà) al dibattimento in aula che si presentava particolarmente duro, per un giovanissimo ragazzo quale ero.
Il secondo ricordo che citai fu un generico riferimento ad una usuale frequentazione del Dott. Calogero nei locali della Federazione comunista in via Beato Pellegrino a Padova. Riconosco che in coscienza né il primo né il secondo dei fatti da me ricordati sono mai avvenuti. Peraltro, con altrettanta aderenza alla voce della mia coscienza, affermo che l’intenzione non era assolutamente quella di sfiorare l’onorabilità professionale e morale del Dott. Calogero, di cui nutrivo e nutro una stima da me altrove e pubblicamente affermata senza alcuna indecisione.
Ero e rimango pienamente convinto che la vita democratica della mia città sia stata difesa dalla militanza generosa del partito al quale appartenevo e dal Dott. Calogero, che riuscì a definire Autonomia Operaia per quello che era. Un’organizzazione con fini eversivi.Ho sempre pensato che i ricordi non sono di nostra appartenenza esclusiva, ma sono anche condivisibili, o negabili da altre persone. Soprattutto quando a metterli radicalmente in discussione è persona alla quale si riconosce piena onestà intellettuale.
Ritengo anche la memoria del Dott. Calogero, nella materia a lui pertinente, decisamente più precisa, allenata, documentata della mia memoria, connessa invece fortemente alle sensazioni, alle percezioni, ai traumi subiti. Ho trovato proprio nell’opera di S. Freud, nella sua teoria della “Nachtraglichkeit” o più nota in francese come “apres de coup” o “a posteriori, posteriorità”, una importante asserzione a proposito del funzionamento della memoria. Egli afferma: “… io lavoro sull’ipotesi che il nostro meccanismo psichico sia stato stabilito per stratificazione: i materiali presenti sotto forma di tracce (…) subiscono di volta in volta, in base a nuove condizioni, una riorganizzazione, una riiscrizione”. E’ altrettanto interessante quanto Freud dice altrove: “Se io riesco a ricordarmi un avvenimento anche molto tempo dopo che è accaduto, questa permanenza nella memoria mi prova il fatto che quell’avvenimento ha esercitato allora una profonda impressione su di me”.Nel mio caso, i ricordi riportati da me sono appunto quelle tracce sedimentate e riorganizzate nel corso del tempo. E sono anche, maggiormente, la prova della “impressione” violenta e angosciante di quel momento della mia vita che ha trasfigurato quel sentimento collettivo e solidale verso il Dott. Calogero nell’immagine sintetica di una sua frequentazione fisica e usuale nei locali della Federazione Comunista.Fatto, come ho già detto, mai avvenuto. Ritengo altamente probabile, seguendo il concetto di riscrittura del ricordo come indica il padre della psicanalisi, che io abbia sovrapposto un incontro di certo avvenuto nei locali anzidetti con il mio avvocato Giorgio Tosi, in preparazione delle dichiarazioni che dovevo rendere nell’udienza dibattimentale, quale teste – persona offesa, con un incontro con il Dott. Calogero. Fatto, anche quest’ultimo, mai avvenuto.
I miei ricordi, datati più trentacinque anni, sono dunque radicalmente falsificati dai ricordi di persona stimata e con una memoria professionale certamente più autorevole della mia. Affido serenamente i miei ricordi che evocano due fatti, così come riportati da me, mai accaduti, ai ricordi del Dott. Calogero. Ho sempre pensato, del resto, che cambiare idea fino a smentire se stessi, affidarsi all’autorevolezza altrui, sia un decente modo di stare al mondo. Che cosa dunque rimane dei due miei “falsi ricordi”? Tecnicamente si chiamerebbero “ricordi di copertura” ma, dal mio punto di vista, sono le orme, nel mio profondo, di quel terribile tempo giovanile ancora sanguinante.
Lungo, ma vale la pena leggerlo. Anche perché rappresenta la grande rivincita dell’altro convitato di pietra del racconto di Contarello, Flavio Zanonato, poi più volte sindaco della città. Zanonato era già intervenuto energicamente a maggio, negando (da allora segretario cittadino Pci) i contatti con Calogero. E ha ribadito la sua posizione dopo la smentita di Contarello. «Ho letto la smentita di Contarello, meglio di niente. Grandi osanna e ripetute dichiarazioni di stima per Calogero, condanne veementi contro l’autonomia operaia e una spiegazione freudiana per il racconto falso che sarebbe un caso di “nachträglichkeit” parola intraducibile in italiano ma che in francese si traduce après-coup, il colpo (di memoria) che arriva dopo, mah… Io penso che le cose siano molto più semplici. Con quel racconto falso Contarello ha alimentato lo storytelling per il quale il PCI, in particolare quello padovano, ha costruito il famoso teorema. Basta leggere i commenti al racconto falso per rendersene conto. Contarello all’epoca dei fatti aveva 21 anni, ma quando racconta il falso ne ha quasi 60, forse ha raggiunto l’età per comprendere che il contenuto del ricordo ha una componente diffamatoria e che, quindi, prima di parlare a lippis et tonsoribus andava fatta una verifica. Allora come si spiega questo comportamento? Una forma di mitomania collegata alla voglia infantile di stupire, di meravigliare, per avere plausi e consensi, qui si che la psicologia potrebbe spiegare molte cose, altro che “nachträglichkeit”». E il 7 aprile continua non passare mai.