Come Al Capone in visita ad Alcatraz. Il dramma dei carcerati: San Francisco a portata di mano
Lo scorso fine settimana ho avuto la fortuna di andare in quella che per ora, e probabilmente per sempre, è la mia città preferita della California, ossia San Francisco. Una città veramente molta bella, che consiglio a tutti di andare a visitare, se sarete di passaggio nei paraggi.
Qualche giorno prima di partire io e i miei amici abbiamo deciso di prenotare una visita ad Alcatraz, la famosa isola/prigione della baia di San Francisco, tappa obbligata per un turista in piena regola. Non ero mai stato in una prigione (fortunatamente) e direi che vedere Alcatraz ti fa ben capire in che situazione si trova un carcerato di questo “mitico” luogo, soprattutto dal punto di vista psicologico.
Alcatraz, (che in spagnolo significa pellicano) inizialmente era un faro (completato nel 1853), utile alle navi che arrivavano nel porto di San Francisco piene di persone bramose di partecipare alla corsa all’oro. Successivamente ‘the rock’ fu adibito un carcere militare (1933), ma pochi mesi dopo divenne un carcere di massima sicurezza. Nel 1963 venne chiuso per gli elevati costi di gestione, i politici dell’epoca affermarono che sarebbe stato più economico far ospitare i carcerati nel miglior hotel di New York piuttosto che ad Alcatraz.
Alcatraz non era una prigione qualunque, lì venivano rinchiusi i ‘professionisti’ della fuga e i peggiori criminali (il più famoso è sicuramente Al Capone). Essa è rinomata per la severità nel trattamento dei prigionieri, e per i vari tentativi di fuga, di alcuni non si sa ancora se siano andati a buon fine.
La cosa che mi ha più colpito è la situazione psicologica in cui si venivano a trovare i prigionieri di Alcatraz. In una prigione ‘normale’ il prigioniero non vede cosa gli sta attorno, solitamente tutto è circondato da muri, Alcatraz invece, per quanto abbia muri di cinta regala del panorami mozzafiato di San Francisco e di quello che gli sta attorno. Quindi oltre al malessere della prigione, dello star rinchiusi minimo 19 ore al giorno in una cella piccolissima, i carcerati vedevano così vicina a loro la libertà che ovviamente tentavano anche delle fughe mal programmate, pur di aver la possibilità di provare a raggiungere quella città tanto desiderata e che gli sembrava di toccare quasi con la mano.
La fuga più famosa è senza dubbio quella documentata nel famoso film, Fuga da Alcatraz, dove tre prigionieri riescono ad uscire dalla cella tramite i condotti di aereazione e probabilmente ad attraversare il miglio di oceano che li separa dalla terraferma grazie a dei ‘salvagenti’ creati con degli impermeabili. Il film documenta bene l’ingegno e il genio di questi uomini, che non si sa se siano sopravvissuti o meno.
In ogni caso, se non lo avete ancora fatto, vi consiglio di visitare Alcatraz: da turisti vale sicuramente la pena, pensando a chi ci è stato dentro (la prigione ora non è più attiva) forse un po’ meno.
Davide Dal Cengio