Bravi ragazzi morti in moto

Prende avvio con questo articolo la rubrica UpsideDown di Corrado Poli. Corrado Poli, saggista e editorialista, insegna alla Libera Università IULM di Milano dove sta anche organizzando un corso di Master internazionale in Politiche Urbane Sostenibili in collaborazione con la Johns Hopkins University di Baltimora. Ha insegnato in varie università, ha diretto enti pubblici e svolto un’intensa attività di consulenza nelle politiche urbane in Italia e all’estero.

 

L’ecatombe estiva di motociclisti – sessanta solo nel Veneto in quattro mesi – ha indotto la stampa a chiedere commenti e raccomandazioni agli “esperti”. Che non si sono dimostrati tali. Oppure sono persino troppo esperti, ma in campi così limitati da essere irrilevanti nel porre rimedio al problema. Per esempio, la Polizia stradale chiede di rendere obbligatori i para-schiena e i medici consigliano i motociclisti di vestire giubbotti anche quando fa caldo. Altri parlano di strade più sicure, come fossero circuiti, senza alberi e ampi spazi di fuga. Seguono i soliti appiccicosi e generici inviti alla prudenza. Infine, interviene persino un pilota di superbike (!) il quale suggerisce corsi di guida veloce e (aggiunge) “sicura”, che implicitamente si candida a tenere. Come affidare al lupo la sicurezza del gregge!

 

Il problema si ripete in quasi tutti i campi della vita sociale odierna: tutti vogliono applicare la soluzione che hanno già in tasca e percepiscono il problema attraverso la loro soluzione. Che, peraltro, consente di giustificare la propria esistenza e – perché no? – anche un giusto guadagno.

 

La mancanza di cultura della comunicazione e di psicologia del rischio fa sì che non si rilevi un aspetto cruciale: se polizia e medici mettono l’accento sulla difesa passiva (caschi e para-schiena, strade sicure, ecc.), danno una soluzione (apparentemente) pratica che però sposta in secondo piano considerazioni più articolate e davvero necessarie. Incredibile è poi il consiglio a seguire corsi di guida sicura! Se imparo a guidare bene la moto a duecento all’ora, perché poi dovrei esimermi dal farlo? E se un bolide mi sfiora, come posso sapere che chi lo guida ha fatto il corso e quindi io sono al sicuro? Di sicuro c’è solo che rende la vita meno tranquilla a chi lo vede sfrecciare, peraltro nel rumore di un motore naked a diecimila giri.

 

Il piacere della velocità seduce in modo quasi identico a quello di una qualsiasi droga: induce all’assuefazione e richiede dosi sempre più elevate. Sono necessarie competenze psicologiche e nella comunicazione per affrontarlo, ma purtroppo non sono né disponibili né richieste da chi invece ha il monopolio della sicurezza del traffico e conosce solo le proprie “soluzioni”, spesso opportunistiche.

 

Dei sessanta morti in moto, una buona parte non solo ha perduto la propria vita, ma ha messo a repentaglio – se non proprio tolto – quella di altri. Nel pubblicare la notizia di un incidente mortale è giustamente pietoso sorvolare sulle colpe del morto. In seguito però evitiamo di parlare di sfortunati “bravi ragazzi”: nel migliore dei casi si tratta di maleducati incivili; nel peggiore, di veri criminali che mettono a repentaglio la vita del prossimo; nella media, di imbecilli che non sanno controllare le proprie pulsioni.

Corrado Poli

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