Alte Ceccato, capitale "bangla" del Nord Est. Un libro la racconta
Per trovare la capitale del Bangladesh a Nord Est basta uscire al casello dell’autostrada A4 di Montecchio Maggiore, scavalcare la ferrovia e imboccare i viali lineari fra i condomini di Alte Ceccato. Per scoprirne il perché bisogna leggere il saggio «Alte Ceccato. Una Banglatown nel nordest» (professionaldreamers, Trento, 2015) scritto da Francesco Della Puppa, sociologo e ricercatore sociale, e Enrico Gelati, facilitatore nelle scuole di Alte e insegnante di italiano L2.
Alte, frazione incastonata fra la statale 11 e la ferrovia, è un caso di novecentesca eterogenesi dei fini. Costruita nel dopoguerra come «company town» della Ceccato, industria di compressori e moto leggere fondata da Pietro Ceccato nel 1938, nei suoi condomini trovano casa gli operai attirati dai paesi della provincia di Vicenza e dal Sud Italia. La «cittadella del lavoro», con alti palazzi, viali alberati e una piazza che riproduce gli stilemi del tipico paese veneto con tanto di campanile in stile veneziano, sorge nel mezzo di una distesa di campi.
Dagli anni Ottanta, con il declino della Ceccato – di cui oggi rimane solo la facciata, mentre la fabbrica rasa al suolo attende di far spazio, probabilmente, a nuovi condomini – Alte regredisce a quartiere dormitorio. I vecchi abitanti fuggono dall’assenza di spazi di socialità, dal troppo traffico, dai limiti strutturali delle abitazioni, dallo stile anonimo delle vie.
È con gli anni Novanta, decennio d’oro del distretto della concia che colonizza tutto l’Ovest vicentino, che ha inizio la seconda vita di Alte. Attirati dal lavoro nelle fabbriche di pelli, migliaia di immigrati asiatici, in particolare dal Bangladesh, trovano nella vecchia «cittadella del lavoro» di Alte affitti a basso prezzo, mutui accessibili e comodità negli spostamenti.
Da città-fabbrica a città-laboratorio multiculturale. Su 6 mila abitanti, 1600 sono di origine bangladese, dice il censimento del 2011. I bangla-bazar che riaprono le vecchie serrande chiuse in piazza, le scritte in alfabeto bengalese che compaiono sui muri, due sale di preghiera islamiche che aprono all’ombra del campanile, le donne col velo che si radunano a chiacchierare fuori da scuola. Sui balconi dei condomini-alveare – il più problematico è ribattezzato la «white house» – le donne stendono tute blu e sari colorati. «Dagli anni ’90 in poi, quindi, la collettività bangladese ha contrastato la desertificazione sociale e il declino demografico della frazione» spiegano Francesco Della Puppa e Enrico Gelati. I ricongiungimenti familiari, l’alta natalità e la progressiva fuga degli italiani hanno condotto a «un’altissima presenza di bambini di origine bangladese nelle scuole di ogni genere e grado, raggiungendo il 70% in alcune classi della scuola primaria e il 100% in alcune della scuola dell’infanzia» continuano gli autori.
La terza vita è cominciata nel 2008, con la crisi economica e l’emergere di conflitti sempre più aspri fra la comunità immigrata e l’amministrazione comunale guidata dalla Lega Nord. Lo scontro si infuoca nel 2009 con l’ordinanza comunale sull’idoneità di alloggio, che inasprisce i limiti per ottenere l’agibilità delle abitazioni penalizzando gli stranieri. Dopo manifestazioni e scioperi, una sentenza del Tribunale civile di Vicenza nel 2011 dichiara discriminatorio il provvedimento, ma intanto molte famiglie hanno dovuto cambiare casa, a volte dividersi.
La piccola capitale bangla, da punto d’arrivo, si è trasformata in un luogo di transito nella catena globale delle migrazioni. «Le sempre maggiori criticità connesse alla recessione e le crescenti difficoltà nel reperire una nuova occupazione – affermano Della Puppa e Gelati – spingono molte famiglie bangladesi alla ricerca di nuove possibilità all’estero, sfruttando consolidate reti migratorie. Questo processo contribuirà a frenare la ritrovata vitalità di Alte Ceccato e a riconfigurare la Frazione come luogo di passaggio, ma anche come centro nevralgico della diaspora bangladese in Italia e in Europa: punto di arrivo e di partenza per nuove generazioni di migranti». I ragazzi di famiglia bangladese di Alte Ceccato ora guardano a Londra, e in questo sono maledettamente simili ai loro coetanei con il passaporto italiano.
Giulio Todescan