A tu per tu con i vietnamiti
Ora che vi siete fatti un’idea generale sul Vietnam, è giusto allargare la presentazione includendovi anche i locals, ovvero la gente del post, i vietnamiti: chiassosi, a volte irritanti, ma, nella maggior parte dei casi, sorridenti e onesti. A modo loro.
Andiamo per punti, perché di cose da dire, ce ne sono davvero tante. Il Paese è ancora per molti versi arretrato e povero: le baraccopoli e le case della povera gente sono parte del panorama locale, ma la popolazione vive comunque in una povertà dignitosa. I mendicanti sono davvero pochissimi, e, anche nei contesti più fatiscenti, non si ha mai lì impressione di gente che “fa la fame”: sarà merito dello stato socialista o della ricchezza agricola del paese, che probabilmente consente che un po’ di riso, pesce e frutta siano accessibili a tutti? Chissà.
La lingua. La conoscenza dell’inglese è, ahimè, ancora poco diffusa. In questo caso (e in molti altri) la situazione può variare non solo da zona a zona, ma anche da quartiere a quartiere a quartiere, da negozio a negozio, da persona a persona. E’ davvero difficile generalizzare. Ti capita che la vecchina che vende frutta per strada sappia 3 frasi in croce, mentre il tassista della grande compagnia o il personale di un ristorante non capiscano un’acca. E allora ci si ingegna: a scritte, a gesti oppure facendo lo sforzo in più di memorizzare qualche frase o parola base in lingua locale.
Trovare chi parla l’inglese, a volte, può rivelarsi un’arma a doppio taglio: i vietnamiti sono un popolo molto curioso, tendono a fare un sacco di domande. Apprezzabile? Certo, finché non ti ritrovi a sentirti rivolgere gli stessi quesiti 10 volte al giorno da altrettante diverse persone, cosa che alla lingua diventa un po’ snervante. La top five degli interrogativi generalmente si compone di “Di dove sei? Quanto resti qui a (nome città)? Quanti anni hai? Sei sposatoa? Che lavoro fai?”.
Noi italiani siamo bravi a sforzarci per farci capire ma, in quanto a ingegno, troviamo nei vietnamiti dei degni rivali. Una capacità di ingegnarsi dettata più da povertà e istinto di sopravvivenza, che spesso ti lascia davvero di stucco. Difficilmente vi sentirete rispondere un No secco quando chiedete qualcosa: generalmente il vostro interlocutore locale troverà un modo (spesso alquanto fantasioso) di venirvi incontro o accontentarvi. “They make it happen” (fanno in modo che accada).
Se un negozio non ha un determinato prodotto, saprà reperirlo in tempo zero da qualche misterioso conoscente, oppure vi indirizzerà dall’amico-cugino-fratello della bottega vicina. Si rompe la moto? Nessun problema, qui ve la sistemano con l’ausilio di lattine e tappi di bottiglia. La suola della scarpa s’è scollata? Troverete in breve un ciabattino che saprà incollarla e cucirla direttamente sul marciapiede. Potrei continuare un lungo elenco fatto di tende rattoppate con cerotti, barbieri per strada, timoni di barche creati con bastoni e moli sorretti da cubi di polistirolo, ma mi fermo qui.
Il rovescio della medaglia di tanto ingegnoso zelo è che spesso i lavori sono piuttosto approssimativi, fatti alla buona, giusto per rattoppare il problema e risolverlo nel più breve tempo possibile. Un vero e proprio style à la vietnamita. E vabbè, mica si può aver tutto, d’altronde.
Elena Spolaore
(Leggi la prima puntata qui)