I grandi reporter: è la voglia di capire che permette di poter spiegare
Sono riuniti assieme, alla sala dei Notari, in uno degli avvenimenti più speciali del festival del giornalismo di Perugia 2012. Ettore Mo, Mimmo Candito, Luigi Baldelli e Domenico Affinito sono alcuni tra i più importanti reporter di guerra del giornalismo italiano. Messi assieme, i loro occhi, le loro penne e le loro macchinette fotografiche hanno raccontato i maggiori conflitti degli ultimi trent’anni, viaggiando attraverso strade percorse soltanto dagli uomini più virtuosi e avventurieri, alla ricerca di emozioni e informazioni, spinti dal bisogno ossessivo di raccontare la verità, per trasformarla e sognare un mondo migliore, privo di guerre, disuguaglianze e sofferenze.
Con la sua proverbiale intensità narrativa é Mimmo Candito, presidente di Reporter Senza Frontiere, ad iniziare il racconto. Insieme alla sue parole, una platea di mezzo migliaio di persone viaggia nel tempo fino alla guerra di Crimea del 1854, quando l’impero britannico assunse William Russell del Times e lo invio al fronte per raccontare la guerra al popolo. Le storie del signor Russell arrivarono in Regno Unito dopo un lungo viaggio attraverso il Mediterraneo e le coste Atlantiche dell’Europa Occidentale e vennero pubblicate sul giornale nazionale più di venti giorni dopo essere state realizzate. La potenza delle sue parole fu destabilizzante per l’impero stesso, le sue storie raccontavano le difficile condizioni dei soldati inglesi al fronte e convinsero il potere politico a farlo rimpatriare immediatamente.
Oggi l’informazione viaggia da una parte all’altra del mondo in un istante, osserva Candito, ma ne abbiamo guadagnato? Ad un miglioramento della tecnologia é corrisposto un’aumento della qualità delle notizie? Purtroppo il giornalismo di oggi tende sempre meno a vedere prima di raccontare, gli articoli si fanno sempre di più all’interno della redazione di un giornale, sommando vari dispacci di agenzie di stampe, anziché inviare giornalisti sul campo a raccontare gli avvenimenti, ad annusare le notizie, a consumarsi le scarpe.
Bisogna andare a guardare dentro alle cose. La cosa peggiore, per giornalisti come Candito e Mo, i più anziani del gruppo, é di rimanere dentro alla loro stanza in un albergo, bloccati da chissà quale difficoltà. Guardare la guerra con i propri occhi é un imperativo per un giornalista. La consapevolezza di poter perdere la vita in ogni momento accompagna la vita del reporter di guerra. Mo, Baldelli, Affinito, Candito. Ognuno di costoro é stato in qualche momento, ad un passo dall’essere ammazzato. Eppure ogni sfida é stata un’incentivo per il loro lavoro. Le guerre di oggi sono cambiate, racconta Candito, scandendo chiaramente le sue parole, oggi le guerre non si combattono più tra i soldati di uno schieramento e quelli di un’altro schieramento. Oggi i missili uccidono i civili, che in ogni guerra costituiscono ormai il 90% delle vittime.
E con il cambiamento della guerra é cambiata anche la professione del reporter. L’epoca del giornalista che scrive solamente, é tramontata già da molto. Oggi il racconto si declina in tanti modi, usando tutti gli strumenti mediatici a disposizione. Questo non significa che i giornalisti di oggi lavorano con migliori competenze e conoscenze ma significa che sono aumentate le possibilità di narrare. Il compito del giornalismo é quello di scavare sotto alla superficie della realtà. E i giornalisti che fanno ancora questo mestiere sono ormai dei dinosauri in via d’estinzione, delle facce rugose, con gli occhi profondi e infiniti come quelli di Candido e Mo, di Giovanni Porzio, ospite in sala, dei più giovani Baldelli e Affinito e di pochi altri dinosauri che hanno dedicato la loro vita alla ricerca della conoscenza, persone che hanno sacrificato la parte più pura e innocente di loro stessi per fare in modo che la realtà giunga alle persone. Testimonianze dirette, vissute con tutti e cinque e i sensi, sfidando la vita e consumandosi le scarpe, lontano delle notizie trovate qua e là, nel sempre più vasto universo del web. Come diceva un’altro grande giornalista di questo stampo, Kapucinscki, é la voglia di capire che permette di poter spiegare. E la voglia di capire é quell’energia dolce che é si é diffusa nella sala, per emozionare tutti i presenti alla sala dei Notari e far credere ai più giovani, che fare giornalismo con i valori del passato é una sfida ancora possibile.
Articolo e Fotografia di Nicola Zolin