Hollande e la scommessa necessaria
Oggi la Francia vota. Il risultato ci importa, non tanto per i cari amici francesi, dio li abbia in gloria, quanto per il significato che potrebbe avere a livello europeo.
E’ ormai evidente a tutti che la via germanica di rigore dei bilanci è un cappio che va stringendosi al collo di tutti i Paesi mediterranei dell’Unione.
Con l’aggravante che siamo tutti consapevoli che il surplus di tasse che ci stiamo beccando in questi mesi non riuscirà a tappare la falla. Renderà solo più amara la fine. Siamo qua sull’orlo del precipizio che ci gustiamo l’ultima sigaretta e arriva un omaccione che ce la butta via, ci dice che smettere di fumare ci salverà la vita e poi ci spinge nel burrone. E così ci facciamo seriosi e depre.
Non lo dico certo da economista ma da appassionato di scienze sociali: non esistono nella storia politiche depressive e di austerità che abbiano salvato alcunché.
Qua bisogna rovesciare il paradigma. Soprattutto capire che non è poi detto che la barca stia affondando nel modo in cui ci dicono. Bisogna tornare a creare, abbassare le tasse (perché più tasse=meno libertà), ricominciare a costruire gioia e buon vivere prima che sia troppo tardi. Serve un piano Marshall per un’Europa sostenibile, un’idea di vita: che è quella che ci manca in Europa. Siamo solo consapevoli del declino ma senza un’idea per trasformarlo in rimonta.
Ora. E’ chiaro: tutti abbiamo visto la faccia di Hollande e nessuno si è attizzato. Ed è anche meglio che non pensiamo alla versione socialdemocratica italiana che ha sull’altare un santino della signora Merkel e vede in Monti l’unica speranza. Però, se un cambiamento a livello di politica europea può esserci, questo passa attraverso la vittoria socialdemocratica in Francia e in Germania. Sperando che ciò non si traduca in più Stato, ma nel suo opposto: una nuova idea di cittadinanza europea che ci liberi dai debiti e dai peccati. Amen.
Altrimenti, non ci rimangono che i Pirati.
Lu.B.