Felicitazioni! I CCCP in mostra a Reggio Emilia, una matrioska del tempo
La prima insorgenza di gioventù è una sagoma in ferro che raffigura l’exerzierschritt, quel passo dell’oca nato nella Russia zarista e trascinato poi a forza nella Repubblica Democratica Tedesca fino alla fine degli anni Ottanta. L’ultima è una frase, “Produci, consuma, crepa”, che ora però, anno domini 2023, viene stampata su felpe e t-shirt come (caro) ricordo di un tempo evaporato. In mezzo sbocciano emozioni a ogni stanza e ritornano alla mente a ritmo di ciclostile, sentimenti, odori, facce e nomi fino ad allora rinchiusi chissà dove.
Felicitazioni! CCCP Fedeli alla linea, foto di Michele Lapini
Andare a vedere “Felicitazioni! CCCP-Fedeli alla linea 1984-2024” (Chiostri di San Pietro, Reggio Emilia, fino all’11 febbraio 2024, info qui) è infatti una matrioska del tempo, una serie infinita di dalle proustiane – non se ne può più di madeleines – che riportano noi e un’intera generazione ad abbracciare la nostra meglio gioventù attraverso le “sole” vicende di un gruppo musicale, i CCCP, appunto. Perciò la visita, avvenuta non casualmente nel giorno della partita di calcio Reggiana-Venezia (ma questa è un’altra storia), è stata per forza di cose un viaggio sentimentale. E non poteva che essere altrimenti. Con la storia di Ferretti e soci in primo piano ma con l’ingombrante sottofondo del nostro vissuto di ragazzi che traboccava a ogni accordo, a ogni foto, a ogni video.
I CCCP in una foto d’epoca di Paolo Puccini
“Sie verlassen jetzt West Berlin”, state lasciando Berlino ovest. Il cartello che troneggia nel chiostro grande, all’ingresso, assieme a una Trabi 601 color fango e a numerosi cavalli di Frisia ci porta alle origini del gruppo, che si formò proprio nella città del Muro ma anche ai nostri viaggi oltrecortina, il primo a bordo di una Fiat 127 bianca a fine agosto del 1978, direzione Budapest e poi Szerencs, meno di 100 chilometri dall’Urss. Il percorso della mostra e della memoria si snoda lungo sette sale del piano rialzato, sette come gli album e come un certo misticismo che ha sempre abitato i CCCP e che da un bel po’ di tempo avvolge l’anima di Giovanni Lindo Ferretti, ormai sempre più simile a Lemmy Kilmister dei Mötorhead.
Si parte dalla sala “Ortodossia”, il 45 giri in vinile rosso scarlatto, quasi un Gronchi rosa per noi feticisti di allora e si passa poi per “Affinità e divergenze” (un mix tra il DDR Museum e lo Stasi Museum), “Socialismo e barbarie” (all’epoca acquistato in un negozio di Mira, cittadina in cui il Pci raggiungeva percentuali emiliane), “CCCP”, “Canzoni preghiere danze”, “Epica Etica Etnica Pathos” con le foto del maestro Ghirri (qui entrò in scena il cd) e “Tomorrow” che ripercorre l’incontro con Amanda Lear e quel misteriosissimo fascino androgino che faceva rabbrividire i “puri” del punk ma che al tempo stesso li intrigava.
Il vinile originale di “Ortodossia” in mostra a Felicitazioni!, foto di Giulio Todescan
La mostra a questo punto sale (letteralmente e metaforicamente), e con essa il labirinto del ricordo. Che si fonde pienamente con la dimensione essenziale e ruvida delle sonorità del gruppo emiliano. A far da cornice luoghi fedelissimi alla linea del progetto: muri naturalmente sbrecciati, umidità padana che affiora negli angoli, coperte militari a coprire poltrone in similpelle, un mixer Davoli e il Marshall Jubilee.
Il visitatore rivive momenti storici dentro led wall che proiettano rivolte, da Tienanmen alla Palestina, percorre stanze tra le gigantografie di leader del “socialismo irreale” (da Honecker a Togliatti e la reggiana Nilde Iotti), legge pezzi di giornali sui concerti rissosi dei Nostri, rivive esperienze quasi surrealiste (magari esserci stati al “Cernenko Party” del 4 maggio 1984!), riascolta quella “figlia scappata di mano” e in effetti divenuta mainstream che è la canzone “Amandoti”, legge vecchie scalette di live, osserva uno scheletrico lettino di ospedale psichiatrico che per il Ferretti basagliano significò molto avendo lavorato a lungo al manicomio San Lazzaro.
Felicitazioni!, foto di Michele Lapini
Fino ad arrivare alla porta d’uscita per osservare il manifesto pubblicitario “Fedeli alla Linea” che invitava ad acquistare una… Renault 4. Inevitabile, una volta usciti a rivedere il cielo di Reggio, ripensare a quella storia, a quell’altra faccia degli anni Ottanta, a chi ne è uscito, come noi, solo con “qualche ammaccatura” ma anche a chi non ce l’ha fatta. Come Franco, nome di fantasia: il nostro compagno di classe che ce li fece conoscere, i CCCP. Ma che, a un certo punto, dopo mille sofferenze, decise di chiudere la partita della sua vita. In un capannone tutto ferro e cemento, verso la fine del primo decennio degli anonimi anni duemila.
Massimiliano Cortivo
In copertina: i CCCP oggi, foto di Guido Harari