Monaco di Baviera: sulle tracce del Terzo Reich
Ogni volta che vado a Monaco di Baviera vengo sopraffatta da una sensazione di enfasi e tranquillità. Penso all’aspetto naturalistico, con le sue numerose aree verdi tra cui spicca l’Englischer Garten, il Giardino inglese, uno dei parchi cittadini più grandi del mondo. Penso alle tradizioni bavaresi, con famiglie e gruppi di amici che dopo il lavoro si riuniscono nei Biergarten, i giardini della birra, con tavole imbandite di cibo e alcol dove si intrattengono fino a tarda sera. E penso alla storia. È infatti una delle città che meglio conserva le tracce del passato medievale e moderno non solo della sua regione, ma di tutta la Germania. La giornata di oggi la dedico alla scoperta di luoghi e tracce lasciate da una delle personalità più oscure ed emblematiche del Novecento, che ha intrecciato il suo destino con quello di Monaco di Baviera: Adolf Hitler.
Marienplatz e l’Alter Hof: le origini della città
Comincio il giro dal centro nevralgico della città: Marienplatz, dove spicca l’imponente municipio in stile neogotico costruito tra il 1867 e il 1908. Fin dal Medioevo avvenivano qui i principali scambi economici. Passeggiando si può notare la presenza costante di due simboli: il monaco e il leone. Il primo rappresenta lo stemma ufficiale della città, perché il nucleo originario fu fondato dai monaci nell’ottavo secolo. Non solo, furono gli stessi monasteri a dare impulso alla produzione di birra, tanto che l’Augustiner Bräu München, il birrificio più antico, fu creato nel 1328 dai monaci agostiniani. Il leone dorato, invece, divenne lo stemma araldico del casato dei Wittelsbach, che amministrarono la città per oltre 700 anni, dal 1180 al 1918, al termine della Prima guerra mondiale.
Questo lignaggio assurse a famiglia reale europea contribuendo alla ricchezza e alla notorietà di Monaco come la conosciamo noi oggi. Basti pensare che fu uno dei suoi esponenti, Ludovico II conosciuto come Re pazzo, a ordinare la costruzione dello scenografico Castello di Neuschwanstein, oggi uno dei più visitati d’Europa e a cui si è ispirata la stessa Walt Disney. Durante il Terzo Reich, ovvero la Germania nazista governata da Hitler per 12 anni dal 1933 al 1945, lo stemma di Monaco fu modificato con la figura di un monaco, sormontato da un’aquila e una svastica, versione abolita al termine della Seconda guerra mondiale. Mi dirigo verso l’Alter Hof, o Vecchia Residenza, in cui i duchi Wittelsbach risiedettero dal 1250 alla fine del 1400 circa. La stessa ambientazione fu rappresentata da Hitler in un suo dipinto del 1914 “Il cortile della vecchia residenza di Monaco”. Dopo di che, per motivi di sicurezza, i Wittelsbach si spostarono in una nuova struttura, la Residenz, o Residenza, in cui abitarono fino al 1918 e ubicato in Odeonsplatz dove andrò a breve.
Birreria Hofbräuhaus: dove tutto ebbe inizio
Riprendo la strada per dirigermi in uno dei luoghi più iconici di Monaco, la Hofbräuhaus, letteralmente il Birrificio Statale della Corte in Monaco, fondato dai Wittelsbach nel 1589 e oggi una delle sette fabbriche storiche della città. Tutti i giorni file di locali e turisti vi si riversano per godere a pieno della tradizione bavarese. Nel mio giro rappresenta una tappa fondamentale, perché fu qui che il 24 febbraio 1920 Adolf Hitler fondò il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. Come scrive nel suo libro Mein Kampf, La mia battaglia, “il 24 febbraio 1920 ebbe luogo la prima grande manifestazione pubblica del nostro giovane movimento. Nel salone della Birreria reale, a Monaco, le venticinque tesi del programma del nuovo partito furono esposte ad una moltitudine di quasi duemila persone; e ciascun punto fu approvato fra grida di consenso e di giubilo”.
Hofbräuhaus, Monaco di Baviera, foto di Elisa Treppaoli
Ma chi era Hitler e come giunse a fondare un partito che da lì a pochi anni avrebbe sconvolto le sorti dell’Europa intera? Nacque nel 1889 vicino Linz, nell’Alta Austria, ed ebbe un’infanzia difficile, “oppresso da un padre violento e alcolizzato, che lo picchiava regolarmente”, come scrive lo storico Pierluigi Tombetti. Fin dall’adolescenza cercò di perseguire il suo sogno di diventare artista. Tentò di entrare all’Accademia di Belle Arti di Vienna ma venne rifiutato. Nel 1913 si spostò a Monaco di Baviera e quando scoppiò il primo conflitto mondiale, nel 1914, decise di arruolarsi nell’esercito tedesco. Nel 1918 la Germania usciva dalla guerra in ginocchio e il Trattato di Versailles del 1919 contribuì alla sua instabilità negli anni a venire. Il paese fu ritenuto responsabile del conflitto, con conseguenze territoriali in quanto dovette cedere parte dei suoi possedimenti, militari in quanto gli fu vietato il riarmo, economiche perché costretto a pagare 132 miliardi di marchi d’oro come risarcimento.
Il neonato governo tedesco, la Repubblica Democratica di Weimar, si trovò di fronte ad un paese che nel 1920 subì un primo processo di inflazione e nel 1923 un’iperinflazione, con difficoltà economiche della popolazione e l’esplosione di guerriglie urbane perpetrate da gruppi di estrema destra. Qualcosa di simile avvenne a Monaco di Baviera. Una volta terminata la guerra, Hitler continuò a prestare servizio nell’esercito con il compito di partecipare in forma anonima alle riunioni di questi nuovi gruppi radicali e riferire agli alti ranghi. Tra questi spiccava il Partito Tedesco dei Lavoratori, una formazione di estrema destra fondata nel 1919 da Anton Drexler basata su un’ideologia antisemita e anticomunista, che attribuiva la sconfitta della Germania a forze interne piuttosto che esterne. Hitler rimase così colpito che iniziò a parteciparvi attivamente e si distinse per le sue abilità oratorie tanto da assumerne la guida un anno dopo rinominandolo Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori conosciuto anche come Partito Nazista.
Odeonsplatz: il fallito colpo di stato
Dalla Hofbräuhaus mi sposto verso Odeonsplatz, una delle piazze più visitate di Monaco. Appena arrivata m’immergo subito nell’aurea storica di questo angolo. Qui si trova infatti la Residenz, la casa della famiglia reale fino al 1918, la Theatinerkirche, la Chiesa di San Gaetano in stile barocco costruita nel XVII secolo e la Feldherrnhalle, la Loggia dei Marescialli, copia ottocentesca della Loggia dei Lanzi di Firenze eretta nel 1841 per volere del re Ludovico I. Ma è anche il luogo in cui l’8 novembre 1923 Hitler tentò il Putsch di Monaco, il colpo di stato per sovvertire la Repubblica di Weimar. Ispirato dalla marcia su Roma di Mussolini del 28 ottobre 1922, Hitler si organizzò con altri membri del partito e le truppe paramilitari Sturmabteilung (SA).
Residenz in Odeonsplatz, Monaco di Baviera, foto di Elisa Treppaoli
Dalla birreria Bürgerbräukeller, che ora non esiste più, il corteo marciò fino ad Odeonsplatz, ma lo scontro a fuoco con la polizia causò la morte di 4 agenti e 16 membri del partito nazista. Hitler fu arrestato. L’iniziale condanna di 5 anni si ridusse a 9 mesi di prigionia, grazie alle simpatie filonaziste della magistratura. In questi 9 mesi Hitler scrisse il Mein Kampf, considerata la base ideologica su cui verterà la sua politica una volta divenuto cancelliere il 30 gennaio 1933: “Il Reich tedesco deve, come Stato, comprendere tutti i Tedeschi – si legge nel libro –, col compito non solo di accogliere e conservare da questo popolo i più preziosi fra gli elementi originari di razza, ma di sollevarli, con lentezza ma in modo sicuro, ad una posizione di predominio”. L’idea della superiorità della razza ariana si materializzerà il 22 marzo 1933, con l’apertura del primo campo di concentramento, quello di Dachau, a 30 chilometri da Monaco di Baviera.
Haus der Kunst: al bando l'”arte degenerata”
Passando attraverso l’Hofgarten, il giardino che fa parte della Residenz, arrivo all’Haus der Kunst, la Casa dell’Arte, edificio costruito tra il 1933 e il 1937, che rappresenta un esempio di architettura nazionalsocialista. Fu qui che nel 1937 il Hitler in persona, ormai Führer, curò la prima mostra: La grande esposizione dell’arte germanica, con quadri e sculture di chiara ispirazione greca e romana.
Contemporaneamente ne era stata organizzata un’altra sempre a Monaco, la “Mostra d’arte degenerata”, con l’obiettivo di denigrare tutte le forme artistiche non approvate dal regime nazista: impressionisti, espressionisti, cubisti, surrealisti, dadaisti e fauvisti. Particolarmente invisi ai nazisti erano Vincent van Gogh, Marc Chagall, Wassily Kandinsky, Max Ernst, Pablo Picasso. I loro lavori furono requisiti e messi all’asta e i proventi usati per fare cassa. Con la fine della Seconda guerra mondiale, l’Haus der Kunst è divenuta uno dei centri espositivi internazionali più importanti. Fu proprio qui che nel 1955 Pablo Picasso espose Guernica. Uscendo mi fermo ad osservare i temerari che surfano sull’Eisbachwelle, l’onda artificiale all’inizio del Giardino Inglese, prima di riprendere il giro.
Maxvorstadt, il cuore del quartier generale nazista
Torno a Odeonsplatz e da lì percorro Brienner Strasse che termina a Königsplatz, nell’area di Maxvorstadt, dove si trovava il quartier generale nazista. La stessa via che i membri del partito percorsero dal 1933 al 1945 ogni anno in onore dei 16 militanti morti nel fallito Putsch di Monaco. Durante il tragitto incontro il Monumento alle vittime della dittatura nazista, un blocco di basalto in cima al quale arde una fiamma eterna.
A Maxvorstadt ci sono altri due edifici di architettura nazionalsocialista: la tesoreria e archivio del partito nazista, dove è ancora possibile notare i colpi di mortaio degli alleati, e il Führerbau, l’ufficio del Führer. Fu qui che nel 1938 i leader di Regno Unito, Francia, Germania e Italia si riunirono per firmare il patto di Monaco, con cui veniva ceduta la regione dei Sudeti al popolo tedesco, nella speranza di poter placare le mire espansionistiche di Hitler. L’importanza di Monaco di Baviera per la nascita e la diffusione del nazismo gli valse il nome di Capitale del movimento nazional-socialista. Quest’affezione di Hitler è romanzata anche nel film “La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler” di Oliver Hirschbiegel quando, nel momento di scegliere la sua segretaria, opta per la giovane Traudl e con gli occhi sorridenti esclama: “Una ragazza di Monaco”.
Il palazzo che ospitava la tesoreria e l’archivio del Partito Nazista a Monaco di Baviera, foto di Elisa Treppaoli
Domande senza risposta
Decido di ritornare alla frescura del giardino inglese per una pausa, precisamente al Biergarten che si trova sotto la Torre Cinese. Nel pomeriggio andrò al campo di concentramento di Dachau. È la terza volta che lo visito. Quando posso cerco di varcare quel cancello di ferro con la scritta “Arbeit macht frei” – “il lavoro rende liberi” – e ripercorrere i passi degli oltre 200 mila prigionieri che furono rinchiusi qui. Ogni volta mi fermo di fronte alla cartina dell’Europa Centrale che mostra il sistema di campi di concentramento creato dai nazisti. E ancora oggi faccio fatica a capire come e perché un ragazzo di 24 anni, con il sogno di diventare pittore, giunse a Monaco di Baviera e nel giro di 20 anni cambiò le sorti della Germania e del mondo intero, precipitandoli nell’abisso della guerra e dell’Olocausto.
In copertina: Marienplatz, Monaco di Baviera, foto Elisa Treppaoli