"Hand Rolled Cigarette", violenza e amicizia in un noir simbolo del nuovo cinema di Hong Kong
Hand Rolled Cigarette, film d’esordio di Chan Kin-long, è un thriller-noir convincente che la giuria internazionale del Far East Film Festival 23 – formata da Mike Hostench, Igort e Angel Sala – ha premiato come miglior film nella sezione “opere prime”. Rappresenta la punta di diamante nella sezione Hong Kong New Talents che in questa edizione del festival udinese ha proposto 8 titoli che formano un affresco della nuova industria creativa della metropoli cinese, puntando su altrettanti giovani talenti.
Protagonista assoluto è Gordon Lam Ka-tung, l’attore che interpreta Chiu, un ex soldato britannico-cinese, e che al Far East si è già visto quest’anno da protagonista in un altro film hongkonghese, il truce Limbo di Soi Cheang (recensito qui). Chiu, dopo il passaggio di Hong Kong sotto la sovranità cinese nel 1997, si ritrova tradito e abbandonato, insieme ai suoi commilitoni, a causa della decisione dell’ex impero coloniale di non concendere loro la cittadinanza inglese. Un passato raccontato nel preambolo in bianco e nero, che ci aiuta a contestualizzare le radici economiche e psicologiche della vita da emarginato che Chiu conduce al tempo presente, invischiato tra brutti ricordi e rischiosi traffici con un ossigenato e anfetaminico boss della mafia locale e i relativi scagnozzi.
Se in Limbo il detective interpretato da Lam Ka-tung, Cham Lau, è un uomo disperato e violento, incosciamente votato all’autodistruzione, il protagonista di Hand Rolled Cigarette dietro la scorza da duro conserva un cuore ancora capace di slanci di umanità. Quando gli piomba in casa Mani, piccolo spacciatore immigrato dall’Asia meridionale interpretato da Bipin Karma, finisce per concedergli il divano, pur non perdendo occasione di affibbiargli l’insultante epiteto di «meticcio». Tra una sigaretta di tabacco rollato al momento e un bollettino radiofonico sull’altalena impazzita della Borsa di Hong Kong – altro ponte col passato, si scoprirà trascorsa la metà del film – nasce un rapporto di amicizia che condurrà entrambi a lanciare il cuore oltre un cul de sac di ricatti e debiti apparentemente senza via d’uscita.
Il tema dell’identità è il cuore del film, come spiega lo stesso regista Chan Kin-long: la supposta condizione di privilegio dell’ex soldato si è tramutata nell’impossibilità di scappare da una città labirintica divenuta una gabbia, la stessa che per il giovane immigrato, disprezzato da tutti, è invece la speranza di costruire per sé e il fratello minore un futuro migliore. Specchiandosi in lui, Chiu scopre che accettare la propria condizione di emarginato, lasciandosi alle spalle illusioni e rancori del passato, è il primo passo per poter rinascere.
Regia e sceneggiatura hanno la capacità di raccontare i rapporti umani e la quotidianità con sprazzi di tenerezza e ironia, isole nel flusso di violenza sprigionato dall’intreccio noir, con le scene di combattimento tramutate in danze pop dai riflessi delle onnipresenti luci al neon. Splendida quella finale, estenuante, dove il lento movimento di un carrello segue Chiu, attraverso due stanze, affrontare una gang di mafiosi al completo, in un equilibrio perfetto di tragico e surreale.
Giulio Todescan
Foto: Far East Film Festival