Lo sconfinamento degli affetti nel lockdown che si allenta

Fidanzati che non si vedono da più di due mesi, figli, genitori, nipoti, fratelli e sorelle, amici. Lasciano l’automobile al Pian delle Fugazze, al parcheggio, appena avvistano il posto di blocco dei carabinieri al confine tra Trentino e Veneto; montano lo zaino in spalla e come contrabbandieri, con le stesse accortezze e qualche senso di colpa in più, si dirigono lungo facili sentieri e strade secondarie non presidiate. Da un lato hanno risalito la Vallarsa provenendo da Trento o da Bolzano, dall’altra sono saliti da Schio, nell’Alto Vicentino. Ma la stessa scena, silenziosa e identica, si replica in qualsiasi valico, a qualsiasi confine. Che poi cos’è il confine tra due regioni e tra due province in un mondo dove anche il confine tra gli Stati, per fortuna, non c’è più?

È una delle prime domeniche di libertà: all’interno della propria regione si può viaggiare liberamente anche, e soprattutto, per far sport. Dal 3 giugno le famiglie divise da quel confine si riuniranno liberamente. Nel frattempo si va in montagna: per assoluta necessità di ossigeno, dopo mesi di lontananza dalle Terre Alte, ma anche perché dove si potrebbe mai meglio praticare il distanziamento sociale? Il parcheggio del Pian inizia a riempirsi di escursionisti diretti al Pasubio, al Cornetto, al Baffelan. Tutti hanno la mascherina o una bandana al collo, pronti ad indossarla. Qualcuno particolarmente intimorito, qualcuno più sportivo.

Ma sembra, ed è, una domenica come prima.

Dopo qualche chilometro a piedi si arriva a Campogrosso. Non è un’escursione, è giusto una passeggiata. L’obiettivo non è la vetta, è rivedere chi non si vede da troppo tempo. Il cartello con il confine tra la Provincia Autonoma di Trento e quella di Vicenza è lì. Se ti permetti di violarlo solo per qualche centinaio di metri appena, è perché, in fondo, a quella limitazione, a quel confine autoimposto, ci hai creduto: sai che non possiamo, almeno per un po’, violarlo tutti. Perché serve gradualità, che è un concetto sociale, non del singolo. Ti dici, un po’ per autoassolvere le tue contraddizioni che al confine ci credi proprio nel momento in cui lo vìoli. Ed ecco che si incontra la persona cara: si cammina distanziati (non certo i fidanzati che devono recuperare tempo perduto), si tiene addosso la mascherina, si mangia insieme qualcosa e si parla, si parla, si parla. Su un prato, nel bosco, vicino a un camminamento. Qui la terra è ancora segnata dalle esplosioni della Prima Guerra. Sono passati più di cent’anni. E non so più da cosa.

(lu.b.)

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