La colonia dimenticata di Tianjin (Tientsin) in Cina – quinta parte
La concessione italiana di Tientsin fu sempre gestita da personaggi non comuni, legati intimamente alle vicende centrali della storia italiana di allora. Il 3 Febbraio 1938 era giunto a reggerla Ferruccio Stefenelli, ex combattente contro gli Austroungarici che si era guadagnato una medaglia d’oro, una d’argento e una di bronzo al valor militare ed era stato uno dei quattro soldati a portare a spalle la bara del Milite Ignoto all’Altare della Patria a Roma. Grazie ad una legge speciale che autorizzava l’eccezionale ammissione nel ruolo consolare per gli eroi di guerra, nel 1927 Ferruccio Stefenelli, nato nel 1898, iniziò così la sua lunga carriera diplomatica che lo avrebbe portato il 3 febbraio 1938, quarantenne, a Tientsin.
Fino al giugno 1940 la situazione per il contingente italiano in Cina era stata relativamente tranquilla. Alla Concessione di Tientsin erano anche collegati i consolati italiani di Shanghai, Hankow, Kiu Kiang e Pechino,
dove un certo numero di Italiani lavorava in varie industrie, malvisto da Inglesi e Francesi perché in competitizione con loro. Con la cessazione delle rimesse delle indennità per la guerra dei Boxer, l’insicurezza fisica in una Cina in parte occupata dai Giapponesi e in parte da malfattori sotto il controllo dei Signori della Guerra, il volume di lavoro per la Banca italiana per la Cina era diminuito notevolmente. Era aumentato, invece, il sottobosco di spie ed infiltrati italiani, alcuni dal curriculum davvero improbabile. Da Tientsin molte operazioni importanti si erano spostate a Shanghai.
Ritrovo Ferruccio Stefenelli qui a Singapore in un archivio, in articolo del 21 Maggio 1940 sul giornale “The Singapore Free Press and Mercantile Advertiser”:
Parole smentite tre settimane piu’ tardi quando, il 10 giugno 1940, Mussolini annunciava dal balcone di Piazza Venezia che la dichiarazione di guerra era stata consegnata agli ambasciatori di Francia ed Inghilterra.
- Comando Superiore Navale “Estremo Oriente” (Cap. Fgt. Galletti)
- Cannoniera Fluviale “Ermanno Carlotto” (appositamente costruita in Cina)
- Posamine “Lepanto”
- Battaglione Italiano in Cina/Reggimento “San Marco”.
Inaspettatamente, dato l’isolamento della Concessione, il mattino del 9 Settembre 1943 giunsero le notizie dell’Armistizio. Le unità dell’Esercito italiano a Tientsin, comandate dal capitano di fregata Carlo dell’Acqua, furono circondate da circa 6,000 Giapponesi con dieci veicoli corazzati leggeri. Ciò non ostante in un primo momento si decise di tentare una disperata resistenza: gli Italiani volevano proteggere i numerosi civili , tra i quali è stato anche console italiano Stefanelli, e si trincerarono nella caserma Ermanno Carlotto, nel Forum e nel municipio in circa 600 soldati e marinai armati di 300 fucili, 50 pistole, 50 mitragliatrici Breda e Fiat (leggere e pesanti) con cibo e medicine per circa una settimana. Il comandante, capitano di fregata dell’Acqua, nonostante le opinioni di gran parte dei suoi soldati che volevano continuare la lotta ha poi deciso di arrendersi. Le cannoniere “Lepanto” e “Carlotto” si autoaffondarono a Shangai. Solo dopo il 18 settembre, quando Mussolini annunciò la costituzione di un governo repubblicano fascista i Giapponesi posero l’ultimatum sia ai civili italiani che agli uomini della S. Marco: adesione alla RSI o continuazione dell’internamento ai lavori forzati. Molti giurarono fedeltà al governo repubblichino non tanto per una grande fede fascista, quanto piuttosto per la conoscenza di come i Giapponesi trattassero la popolazione cinese e i prigionieri di guerra. Chi mantenne la lealtà al re fu internato in Manciuria e in Corea.