Sette macrobiotiche (e non solo), perché il nostro cervello ci casca

“Ci mancavano le psicosette macrobiotiche” scriveva Massimo Gramellini sul Corriere di giovedì 15 marzo a proposito dell’indagine dei pm di Ancona che ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di Mario Pianesi,  fondatore dell’associazione Un Punto Macrobiotico presente in 15 regioni italiane con oltre 100 punti vendita. “Ogni volta mi domando come mai un’umanità sempre più cinica si riveli al contempo sempre più credulona” scrive Gramellini. La risposta a questa legittima domanda, secondo me, è relativamente semplice. Il cervello umano, per sua natura (in senso prettamente evolutivo), aborre l’incertezza almeno quanto ama le certezze.

 

Come la neurochimica condiziona i nostri pensieri

neuroscienzeQuando dico aborre, intendo in senso chimico: le situazioni di confusione, e dunque stressogene, provocano nel nostro cervello l’incremento dell’attività dell’amigdala (zona del cervello che sovraintende alla nostra reazione ai pericoli), mentre quando ci muoviamo sul terreno conosciuto (la nostra comfort zone) è lo striato ventrale, legato al “sistema della ricompensa”, ad essere attivato maggiormente. Un’altra caratteristica del nostro cervello, legata al funzionamento dei processi di apprendimento, è la propensione ad accettare più facilmente come verità messaggi semplici piuttosto che complessi. Ragion per cui, lo sappiamo, le fake news tipo “i vaccini fanno male” e altre amenità hanno un successo clamoroso e una diffusione virale. Fake news che la maggior parte delle volte hanno in sovrappiù il pregio di incasellarsi perfettamente nelle categorie precostituite con cui il nostro cervello si destreggia – al più tardi da Aristotele in poi – a decodificare la realtà multisfaccettata in cui viviamo (il cosiddetto “effetto framing”). Tale meccanismo è lo stesso che rende difficile per un politico (serio) veicolare all’elettorato un messaggio complesso, che motivi i provvedimenti sulla base di numeri e norme di processo, garantendo invece il sicuro successo dei messaggi populistici. Siamo dunque destinati inevitabilmente all’imbarbarimento per colpa della neurobiologia? Tutt’altro. La cosa affascinante, infatti, è che accanto a questi meccanismi ve ne sono altri che ci spingono a uniformare il nostro comportamento con quello di individui che riteniamo “di successo” o “di riferimento”. Che è il motivo per cui, ad esempio, gli spettatori di serie tv quali Grey’s Anatomy e simili, dimostrano nei sondaggi una maggiore propensione a donare gli organi o il sangue.

Cosa ci rende ciò che siamo

neuroscienze2Considerato tutto ciò, credo che noi esseri umani (almeno noi occidentali, per le altre culture fortunatamente le cose stanno in modo diverso) siamo il frutto di un mix fra la spinta all’appartenenza (vogliamo far parte di un gruppo di riferimento, per sentirci sicuri di chi siamo) e quella all’autodeterminazione (vogliamo decidere per noi stessi in piena autonomia e libertà, senza accettare verità precostituite). Forse il successo delle sette risiede proprio in questo: ci forniscono una verità semplice e sicura, la cui accettazione ci garantisce l’appartenenza a un gruppo di riferimento, e parimenti ci danno l’illusione di aver preso una strada assolutamente unica e irripetibile, che ci restituisce la cifra della nostra specialità e unicità.

Sono ragionevolmente certa che anche tutto questo castello sia ancora una volta la spasmodica ricerca del mio cervello di una verità e di uno schema in cui inserire la complessità del reale. Il fatto che gli assunti di base da cui questa lettura prende le mosse si fondino sulle risultanze di ricerche scientifiche (allo stato attuale delle conoscenze) mi fa pensare però che un minimo di obiettività ce l’abbiano. Mi rassicura inoltre che non si tratti di una lettura semplice, e che purtuttavia contenga in sé una sorta di autoevidenza. Ecco perché, al pari dei processi psicologici tradizionali, una sempre maggiore conoscenza e consapevolezza dei meccanismi di funzionamento del nostro cervello può così aiutarci a diventare un po’ più liberi e meno preda di sette e ciarlatani di sorta.

Silvia Fabbi

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