Viaggio nel Pueblo Los Nogales, là dove è arrivata...la corrente elettrica
Claudia Chiatellino, nata nel 1988 a Torino, è una fotografa e scrittrice freelance a cui piace viaggiare e raccontare quanto vede. Ecco un suo reportage, parole e foto, dal Nicaragua, dal Pueblo di Los Nogalas.
Nicaragua, provincia di Matagalpa, nome che significa “là dove stanno le rocce”. Al Nord della regione troviamo infatti vette che raggiungono i 2000m di altezza con strette valli in cui si sono insediate le principali città. Matagalpa conta più di 130.000 abitanti, è caotica, molto trafficata e rumorosa come la maggior parte delle metropoli Latino Americane. Per un po’ di tranquillità bisogna spostarsi verso altre altitudini ed addentrarsi nella foresta pluviale dove troviamo il vero cuore della produzione del caffè nicaraguense con una varietà di arabica riconosciuta a livello mondiale.
La foresta pluviale ha il potere di lavare via dalla mente e dal corpo lo stress, la confusione, le mille domande, ricordandoti che siamo solo una piccola parte di un sistema che vive, o sopravvive, indipendentemente dalle nostre decisioni.
Le piante, il muschio, gli alberi ti avvolgono in una presa che è a tratti accogliente, altre volte soffocante. L’uomo qui non ha più la situazione sotto controllo: è la natura che detta le regole e l’essere umano come ogni altra specie animale cerca il suo equilibrio in questo sistema.
Tra i sentieri fangosi e fitti, si possono incontrare popolazioni rifugiatesi lontane dal centro abitato durante il regime di Somoza.
Rapiti dall’atmosfera della Selva Negra, le montagne non le hanno più lasciate. Mi imbatto così in un villaggio che conta su per giù una cinquantina di anime. Quando domando come si chiama, Antonio mi risponde orgogliosamente: «Los Nogales, come l’albero!».
Sembra così strano ai miei occhi che delle persone abbiano volontariamente scelto di vivere in questo posto in cui l’unico collegamento alla città è un sentiero che si snoda nella foresta per diversi chilometri.
Antonio però mi dice «E’ un buon posto, il clima è fresco e c’è lavoro». La maggior parte degli uomini e delle donne del Pueblo Los Nogales, come accade per i piccoli villaggi circostanti, lavora nelle finca, le piantagioni di caffè, che si trovano sulle montagne.
Per raggiungerle si incamminano con la luna ancora nel cielo attraverso sentieri che conoscono a menadito inerpicandosi tra le piante basse del caffè, dalle foglie lucide ed i fiori bianchi. Alti sopra le loro teste gli alberi di banano assicurano l’ombra necessaria per ottenere sane e gustose ciliegie che, in un processo che dura un anno solare, verranno raccolte a mano e spolpate per arrivare al chicco che verrà fatto seccare e tostare. Prima del tramonto i lavoratori del Pueblo Los Nogales tornano nelle loro case in cui, da pochi mesi, è avvenuto un grande cambiamento: è arrivata la corrente elettrica!
Con la luce il governo ha anche messo a disposizione fondi e materiali per costruire delle case di cemento, più spaziose e sicure delle casupole fatte di fango e sterpaglia. Le case, dieci in totale, sono state costruite in tre mesi con l’aiuto di un architetto che ha istruito gli abitanti del villaggio e guidato i lavori.
Le abitazioni, di 60mq circa, hanno un totale di 3 stanze che verranno usate come camere da letto. Non c’è bagno perchè mancano le fogne e non c’è nemmeno la cucina per evitare incidenti di intossicazione da fumi. C’è però una porta con la serratura, il che permette alle persone del pueblo di poter lasciare casa senza che nessuno debba stare di guardia. Ci sono diverse finestre, con i vetri, materiale con cui queste persone non hanno dimestichezza. Quando ho chiesto ad Antonio di aprirne una per avere maggiore luce nella casa, sembrava che stesse maneggiando un prezioso manufatto di cristallo. Ogni movimento lento, calcolato, estremamente attento e delicato. I bambini osservano a debita distanza tutto il processo.
I bimbi sono curiosi e allegri, per la nuova generazione la scuola è diventata finalmente un diritto.
Hanno bisogno di 1 ora e mezza tra cammino e bus per arrivare alle scuole elementari, due ore per le scuole medie. La cosa non sembra comunque dargli noia.
Aperte le finestre, vengo invitata in casa e scopro con mia sorpresa che all’interno sono quasi vuote. Un tavolo, la rete di un letto senza il materasso, la maggior parte delle stanze sono totalmente spoglie. Sono visibilmente non abitate.
Per quanto vadano fieri delle nuove case in cemento armato, con la luce elettrica, le finestre e la serratura, la gente del pueblo continua a vivere nelle vecchie capanne fatte di fango, non perchè siano più comode. Immaginate nella stagione delle piogge come dev’essere vivere in una casa di legno senza pavimento, con il tetto che perde e ruscelli di fango che a volte raggiungono un altezza tale da non riuscire ad aprire la porta.
Se c’è una cosa comune alle popolazioni di tutto il mondo, è la difficoltà del cambiare le abitudini.
Qui è la natura a dettare le regole e le persone vivono cercando un’armonia con essa, un equilibrio. Così come gli alberi non conoscono i cavi della corrente ed il cemento armato che soffoca la terra, sembra che gli abitanti del pueblo Los Nogales non possano definire queste nuove costruzioni “la loro casa”.
Claudia Chiatellino