Donne e mafie (con Rosy Bindi) al Festival della Lentezza
È uno sguardo particolarmente attento al tema del femminile quello che permea il Festival della Lentezza in programma da oggi 1 ottobre a domenica 4 nella provincia di Padova. Così anche la scelta di affrontare il tema delle mafie – che le cronache degli ultimi mesi e anni ci hanno insegnato a considerare come fenomeni con articolazioni e legami ramificati anche in Veneto – si è colorata di un taglio di genere: “Donne e mafie: carriere, violenze e disobbedienze” è il dibattito in programma la mattina di sabato 3 ottobre (ore 10) a Ponte San Nicolò, hinterland di Padova (Villa da Rio, via Tintoretto 18). Perché se le mafie, società maschili e maschiliste per definizione, si sono modernizzate e hanno cambiato pelle, il ruolo delle donne al loro interno non è rimasto immutato. Perché ci sono quelle che si sono ribellate – e in questi giorni don Luigi Ciotti ha per la prima volta rivelato che l’associazione Libera ne sta nascondendo decine che fuggono da una cultura mafiosa che odiano – ma pure quelle che hanno assunto posizioni strategiche ad esempio nelle società usate per riciclare il denaro di provenienza illegale.
Ospite attesa è Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia. La parlamentare dialogherà con Ombretta Ingrascì, sociologa dell’Università di Milano e autrice di “Donne d’onore, storie di mafia al femminile” (Mondadori, 2007), e Cinzia Paolillo, presidente dell’associazione antimafia Da Sud, mentre il giornalista Gianni Belloni, coordinatore dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente Veneto, modererà il dibattito. Che parlerà anche della situazione delle mafie in Veneto, con una ricerca sui beni confiscati nella regione, presentata da Lorenzo Capalbo dell’associazione Principi Attivi.
«Le mafie sono società maschili e maschiliste – spiega Gianni Belloni – Questo non vuol dire che il ruolo delle donne sia semplicemente quello di “angelo del focolare”, tutt’altro. Così come è profondamente falso il mito secondo cui le mafie rispetterebbero, esentandoli dal subire violenza, donne e bambini. Oltre 150 sono le donne vittime delle mafie ci rivela l’utilissimo dossier “Sdisonorate. Le mafie uccidono le donne” curato dall’associazione Da Sud e che presenteremo nel corso dell’incontro. Nella criminalità organizzata il ruolo delle donne è cambiato in questi anni, così come sono profondamente cambiate le mafie e la società all’interno delle quali operano. Le donne hanno assunto diversificate e complesse posizioni: nel traffico degli stupefacenti come nell’intestazione di ditte “pulite” funzionali al riciclaggio del denaro. E continuano a presidiare l’educazione – la “mala educazione” – delle nuove generazioni all’odio, alla vendetta, all’omertà. Ma le donne sono anche le prime ad approfondire le crepe della società patriarcale e numerose sono le storie di donne che si sono ribellate, pagando spesso prezzi altissimi, al ruolo che le mafie le avevano assegnato».